La resilienza nella produzione dei servizi


Economia - pubblicata il 23 Luglio 2020


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A cura del dott. Renato Chahinian

Nel precedente articolo del 14 luglio si è parlato della resilienza che ogni settore economico deve attivare per cercare il più possibile di arginare gli effetti negativi che la pandemia in atto ha
provocato e che continuerà a provocare fino alla sua completa estinzione. Dopo alcune osservazioni generali, si è passati ad accennare a qualche indicazione nei macrosettori dell’agricoltura e
dell’industria, ma ora bisogna citare qualche specifica osservazione nel diversificato campo dei servizi, che forse è stato il più danneggiato e pure con modalità ed intensità assai differenti.

Il commercio, tranne quello alimentare, è stato duramente penalizzato dalla forzata chiusura dei negozi. Ma anche qui si sono rivelate due innovazioni, prima poco praticate, che in
futuro possono fare la differenza, sia nella lotta all’accesa concorrenza del settore, sia nella possibilità di facilitare maggiori consumi (oggi chiaramente in crisi). Si tratta del commercio
elettronico e delle consegne a domicilio.
Per quanto riguarda il primo, le vendite possono avvenire in qualsiasi momento e pure a negozio chiuso; d’altra parte, qualsiasi negozio (e non soltanto i grandi colossi distributivi) possono
crearsi un sito con le proprie migliori offerte ed inserirlo in motori di ricerca ad evidenza locale
per i consumatori più vicini. Per tutti i beni in cui non è necessaria una
relazione fisica con il prodotto, può essere più comodo per il consumatore scegliere da casa, pagare con i nuovi strumenti elettronici e ricevere in tempi brevi la merce a domicilio. Considerate
sempre la carenza di tempo, proprio da parte degli acquirenti con maggiori disponibilità di spesa, e la sempre problematica difficoltà di tenere aperti i piccoli negozi per molte ore e tutti i
giorni, la soluzione dell’e-commerce può risultare spesso vincente.
Pur indipendentemente da questa soluzione, per i beni di uso comune (alimentari e non), potrebbero essere sviluppati dai negozi di vicinato gli ordini telefonici, sempre con consegna a domicilio e
pagamento alla consegna, per assicurare al consumatore con limitata disponibilità di tempo prodotti che con i metodi tradizionali non comprerebbe, senza poi considerare il fatto che molte persone
anziane od ammalate potrebbero avvantaggiarsi di un tale servizio, anzichè disturbare parenti ed amici per acquistare anche i prodotti di prima necessità.
Se, quindi, il perdurare della crisi non permette gli stessi livelli di consumo per l’impoverimento di molti, canali alternativi di vendita possono implementare gli acquisti di chi può farlo.
Ovviamente occorre un maggior sforzo proprio di resilienza.

Il massimo danno derivante dalla pandemia probabilmente si è verificato nel turismo, comprendendo nel settore anche l’attività di somministrazione (bar e ristoranti), oltre che le
strutture ricettive. Anche se si sta verificando qualche segnale di ripresa per l’estate, il consuntivo di fine anno sarà ampiamente deficitario ed allora bisogna fare in modo che la diminuzione
sia più contenuta possibile. Tenuto poi conto che la pandemia a livello mondiale non consentirà un gran numero di turisti provenienti dall’estero, bisogna concentrarsi sugli ospiti italiani, i
quali, a loro volta, sono scoraggiati a trascorrere le vacanze all’estero.
Innanzi tutto, pure qui le prenotazioni online diventano essenziali, ma per bar e ristoranti sono molto importanti anche le consegne a domicilio, in quanto possono catturare una nuova domanda che
preferisce consumare in casa, anziché recarsi sul posto, comprese, come detto sopra, molte categorie svantaggiate che non hanno la possibilità, né il tempo di consumare fuori.
Ma per tutti gli esercizi vi è un problema di spazi e di tempi. Proprio nelle ore di punta e nei periodi di alta stagione, le cautele da adottare per eliminare i contagi e l’afflusso contemporaneo
di troppi consumatori non permettono di ottenere quel volume di vendite che pur potenzialmente potrebbe realizzarsi.

Sorge quindi l’esigenza di:

– aumentare gli spazi necessari per la somministrazione in bar e ristoranti. A tale proposito, i Comuni (come alcuni effettivamente hanno fatto) dovrebbero permettere l’occupazione di suolo
pubblico disponibile, prospiciente agli esercizi medesimi, gratuitamente od a condizioni di favore;

– ampliare gli orari di apertura, incoraggiare il consumo al di fuori degli orari tradizionali (sia per pasti che per aperitivi o spuntini) ed eventualmente fissare turni prenotabili per la
somministrazione dei pasti;

– accrescere la capacità ricettiva degli alberghi ed altri alloggi, sia con la ricerca di nuove costruzioni nelle vicinanze, sia adattando immobili non utilizzati o destinati ad altri usi;

– per tutti, superare la prassi dell’alta stagione, con iniziative e sconti di notevole entità in altri periodi dell’anno. Tra l’altro, proprio questa epidemia ha creato le condizioni per un
recupero produttivo proprio nei mesi estivi e quindi con la possibilità per i lavoratori di andare in ferie successivamente, anche in autunno od in inverno.

Per entrambi i settori della somministrazione e del turismo sono essenziali più di altri le cautele ed il distanziamento sociale, in grado di inibire la diffusione del virus e pertanto non è
possibile derogare alle regole per ottenere risultati economici maggiori. Una nuova recrudescenza dell’epidemia penalizzerebbe in maggior misura proprio questi due settori.

I trasporti di persone hanno evidenziato la preferenza per il mezzo privato rispetto a quello pubblico per le minori occasioni di contagio, ma fortunatamente non si sono avute
particolari emergenze di inquinamento per la scarsità di traffico registrata in questi mesi. Se la ripresa continuerà, i livelli potranno ritornare alla situazione precedente la pandemia con
l’aggravante di un ancora più intenso uso del mezzo privato. Si spera che i recenti incentivi pubblici alla conversione verso le energie rinnovabili abbiano presto effetto e che finalmente si
assista ad un radicale mutamento delle preferenze degli acquirenti di veicoli, rilanciando così l’industria automobilistica in crisi da parecchio tempo, anche perché non ha saputo sinora offrire
sul mercato modelli ad energia pulita a prezzi ugualmente accessibili.
Rimangono sempre in espansione le vendite di biciclette e monopattini per i percorsi brevi.
Per i trasporti di cose, oltre ai beni di prima necessità, anche gli altri prodotti, dopo la forzata pausa produttiva, dovrebbero presentare nuove occasioni di ripresa nel trasporto, proprio per la
già richiamata diffusione del commercio elettronico e delle consegne a domicilio.

Il settore creditizio e finanziario in periodi di crisi aumenta ovviamente il giro d’affari per i maggiori fabbisogni delle imprese, anche se, al contrario, le famiglie richiedono
minori crediti al consumo per le incertezze sul futuro (ma spesso si richiede il prolungamento dei debiti già in essere). In ogni caso, alla crescita di questa attività corrisponde un maggior
rischio di insolvenza ed un deterioramento della qualità dei crediti delle banche. Questa volta, tuttavia, è intervenuta efficacemente la garanzia pubblica sui debiti soprattutto delle PMI (più
esposte alle variazioni congiunturali dell’economia) e quindi, a meno che non intervengano in autunno nuovi schock produttivi, la situazione dovrebbe tenere, diversamente da quanto è
successo in occasione delle due crisi precedenti (del 2008 e del 2013), in cui l’assenza di garanzie pubbliche ha portato al grave fenomeno delle generalizzate sofferenze di tutto il
sistema bancario.
L’altro aspetto di fondo in questo settore per la ripartenza dell’intera economia riguarda la destinazione del credito. Se, nonostante la crisi, non ci sono problemi di liquidità, per le preferenze
dei risparmiatori di tenere prudenzialmente i propri fondi sotto forma liquida e per l’abbondante flusso di denaro immesso nel sistema dalla Banca centrale europea a tassi d’interesse addirittura
negativi, rimane in capo al sistema bancario l’onere responsabile di saperlo indirizzare all’economia reale ed a non disperderlo in molti impieghi di carattere speculativo, che, oltre a non creare
ricchezza a livello collettivo, inducono forti tensioni destabilizzanti nei mercati finanziari e non.

Infine, il basso costo del credito anche per le PMI dovrebbe indurre le aziende ad investire nuovamente. Sebbene permangano incertezze (e ciò sarà inevitabile fino alla completa estinzione del
virus), sono sempre possibili nuove iniziative anche di corto respiro per approfittare di alcuni cambiamenti manifestatisi recentemente, mentre non sono da escludersi investimenti di lungo termine
per la risoluzione degli annosi problemi della nostra economia, che, indipendentemente dalle epidemie e da ogni evento eccezionale, continuano a produrre i loro effetti negativi. Efficienza ed
efficacia organizzativa, innovazione tecnologica e commerciale, risparmio energetico, miglioramenti sociali ed ambientali delle produzioni e così via sono tutti obiettivi strategici di fondo da
perseguire in ogni situazione economica e di mercato e pure in ogni fase di incertezza sul futuro aziendale, se si vuole rimanere in vita e superare ogni difficoltà. Per questo, le attività di
formazione, innovazione e ricerca non devono mai fermarsi, nemmeno nei momenti in cui tutte le altre attività operative possono venir meno. La maggior parte di queste, tra l’altro, possono avvenire
su base personale e con relazioni da remoto (come sta avvenendo sempre più diffusamente nello smart working).
La resilienza ad ogni avversità non è soltanto uno stato d’animo, ma una concreta azione che si materializza proprio con la conoscenza e l’innovazione.

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