Il distretto produttivo della bicicletta. Di Renato Chahinian

Un distretto complessivo di circa 130 imprese che producono un fatturato intorno agli 800 milioni di euro, che rappresenta una quota approssimativa del 25% del mercato nazionale.


Tra i distretti riconosciuti dalla Regione Veneto in base alle leggi regionali n.8/2003 e n.5/2006, vi è il Distretto produttivo della bicicletta.

Contrariamente alla maggior parte dei nuovi distretti che sono diffusi in tutto il territorio regionale (e pertanto non sono “distretti” in senso classico, ma pur sempre rispondenti ai requisiti delle leggi regionali in materia), in questo caso si tratta di un distretto vero e proprio in quanto la concentrazione produttiva insiste su un territorio limitato e determinato.

L’area di competenza del distretto, infatti, si estende a cavallo delle province di Treviso (area di Castelfranco Veneto e Loria), Vicenza (area di Rossano Veneto e Bassano del Grappa) e Padova (area di Piove di Sacco e Padova). Ovviamente poi il percorso di tutta la filiera è più vasto e comprende altre aree di produzione di accessori e di commercializzazione, ma per lo più situate nel Veneto.

Rimane il fatto che, pur non rappresentando una concentrazione locale maggiore di altre (nelle aree in questione esistono altre concentrazioni manifatturiere di rilievo, soprattutto nei settori tessile – abbigliamento, prodotti in metallo, macchine e apparecchi meccanici, mobili), essa è comunque significativa a livello locale e si presenta come la maggiore concentrazione del settore a livello nazionale.

Al riguardo, si stima un distretto complessivo di circa 130 imprese e circa 4000 addetti che producono un fatturato intorno agli 800 milioni di euro, che rappresenta una quota approssimativa del 25% del mercato nazionale, comprendendo al proprio interno anche ditte che godono di una certa tradizione storica e culturale dello sport del ciclismo e sono note a livello nazionale ed internazionale.

Senza entrare nei dettagli della composizione delle filiere, per le quali occorrerebbe un’indagine specifica ed approfondita, si può considerare che entro i confini del distretto la catena produttiva è completa anche per lo più nella fase commerciale e quindi sono pochi i prolungamenti di filiera con “partnership” lontane.

Ciò conferisce al distretto una forza sinergica di collaborazioni molto spinta che in altri contesti settoriali è invece venuta meno per l’allungamento delle filiere produttive, soprattutto a livello internazionale.

Qui invece i fornitori di beni intermedi e di parti del prodotto, i costruttori veri e propri, gli assemblatori e i produttori di beni accessori operano a stretto contatto ed esistono i cosiddetti “gruppi informali”, per cui molte imprese di produzioni complementari o collegate tra loro hanno i titolari rispettivi più o meno collegati finanziariamente con partecipazioni personali.

Tutto ciò continua a perpetuare la forza originaria del distretto, che era un tempo comune alla maggior parte dei distretti italiani e che ha sancito il loro successo nei decenni passati, e quindi le prospettive sull’evoluzione della sua competitività non sembrano venir meno.

Oltre alle già citate possibilità di collaborazioni e sinergie, che la vicinanza fisica, in un settore complesso in cui l’innovazione tecnologica si presenta determinante nel rapporto qualità – prezzo, può esaltare in misura non altrimenti conseguibile, sono da considerare tutti gli altri fattori determinanti a livello locale, quali:

  • maggiori opportunità di trasferimento tecnologico e di acquisizione di innovazioni dalla ricerca scientifica a livello territoriale;
  • la sensibilizzazione ed il coinvolgimento delle istituzioni locali pubbliche e private;
  • il contatto diretto con il mercato locale e con una società avente tradizioni e cultura ciclistica.

In questo modo, competitività e produttività del distretto possono ancora migliorare e prevalere sia sul mercato nazionale che su quello internazionale.

Basti pensare alle intese in corso con gli enti locali e con una facoltà universitaria per lanciare una nuova iniziativa di “Biciclette pubbliche”, che potrebbe estendersi anche ad altri territori, come già avviene in alcune esperienze estere.

Oppure si può considerare la valenza commerciale di una mostra specializzata per il mercato locale.

Si tratta di interventi a livello territoriale di forte impatto che non si potrebbero verificare se le catene produttive fossero frammentate e diffuse in un’area geografica molto vasta od addirittura in molti Paesi.

È importante quindi anche una maggiore adesione da parte delle imprese del distretto potenziale (ossia di tutta la concentrazione produttiva come prima quantificata), perché al Patto di sviluppo regionale, secondo i dati ufficiali all’1/1/2008, aderiscono al momento n.96 imprese per un totale di 1028 addetti, mentre le esigenze di coordinamento e di finalizzazione degli interventi comuni potrebbero essere di interesse per parecchie altre unità.

D’altro canto, le opportunità di sviluppo sono notevoli, in quanto non si tratta soltanto di guadagnare quote di mercato nei confronti dei concorrenti, ma di potersi accaparrare la domanda di biciclette prevista in fortissima espansione per i prossimi anni.

Ormai da qualche tempo questo mezzo di locomozione non viene più acquistato soltanto per fini sportivi o per trascorrere il tempo libero, ma si presenta sempre più come mezzo alternativo all’automobile per gli spostamenti di breve percorrenza e come fattore di salute e salubrità fisica.

Queste due nuove motivazioni di consumo possono far esplodere la domanda nei prossimi anni in maniera esponenziale, perché tutti i cittadini senza bicicletta potrebbero potenzialmente di venirne acquirenti, in virtù della sensibilità sempre maggiore per le pratiche di antinquinamento, dell’incessante crescita del costo dei carburanti e della sempre maggiore attenzione ai problemi della
salute.

In previsione di tale fenomeno, occorrono sempre più competenze anche nel settore commerciale e del marketing, come programmato nello stesso Patto di sviluppo, ma è pure fondamentale in questa prospettiva una visione di mercato globale. Se la produzione del distretto, infatti, è ancora abbastanza legata al mercato locale o nazionale, bisogna cogliere anche le
opportunità offerte dal resto del mondo.

Le tendenze sopraindicate di maggior uso della bicicletta non si riscontrano soltanto nel nostro Paese od in quelli a noi più vicini, ma si vanno diffondendo a livello globale, tenendo conto della saturazione delle grandi città che si sviluppano a dismisura ovunque e del maggior potere di acquisto di tutti i Paesi emergenti (considerando pure il fatto che la bicicletta è un bene durevole non molto costoso e che anche nei Paesi cosiddetti “poveri” esistono ampie fasce della popolazione che non sono più a livello di sussistenza).

Il distretto, quindi, se intende cogliere queste occasioni di tendenza a livello globale, forse non più ripetibili nel lungo termine, dovrà attrezzarsi per assumere commercialmente anche una dimensione internazionale.

Non si tratta di sradicare le basi produttive del distretto, ma di espandere all’estero le reti distributive, nonché alcune eventuali produzioni a basso valore aggiunto.

Il beneficio in termini di incremento dell’attività produttiva all’interno del territorio distrettuale dovrebbe compensare ampiamente tale sacrificio ed impegno.

Renato Chahinian