Intervista a Michela Nardo dell’ unità di analisi finanziaria ed economica della Commissione Europea. Intervista a cura di Silvia Trevisan

Intervista a Michela Nardo dell’ unità di analisi finanziaria ed economica della Commissione Europea. Intervista a cura di Silvia Trevisan

L’economia regionale contestualizzata in ambito europeo. [Joint Research Center] [Commissione Europea] [Unità di
Analisi Finanziaria ed Economica] [Veneto] [EU][locale] [globale] [PIL] [economia] [impresa] [Treviso] [finanza] [banche] [banca centrale]
1/Buongiorno Dott.ssa Nardo ci può esporre di cosa si occupa presso la Commissione Europea?

Mi occupo di sistemi finanziari e in particolare di convergenza nel mercato dei capitali. Come sa a livello Europeo si sono attuate tutta una serie di misure per garantire l’unione bancaria. Ora la Commissione Europea si è impegnata a realizzate anche l’unione del mercato dei capitali, riconoscendo che il canale bancario e quello finanziario sono strettamente interconnessi e necessari l’uno all’altro.
Io mi occupo di sviluppare indicatori per poter monitorare la creazione del mercato dei capitali e la convergenza degli Stati Membri verso un mercato unico. Il gruppo con cui lavoro si è occupato estensivamente di unione bancaria sviluppando parte delle valutazioni di impatto (Impact Assessment) delle direttive comunitarie sull’unione bancaria (es. deposit guarantee schemes, single resolution fund). Una parte del gruppo lavora con modelli di previsione macroeconomica e contribuisce alle raccomandazioni dell’Europa dà ai singoli stati che vanno sotto il nome di Procedura per gli Squilibri Macroeconomici (Macroeconomic Imbalance Procedure – MIP). Inoltre contribuisce alla stima del “deficit” prevista dal Patto di Stabilita’.
2/Ci può descrivere l’attività del Joint research center?
Il Centro Comune di Ricerca ha il compito di fornire un sostegno scientifico e tecnico per la progettazione, lo sviluppo, l’attuazione e il controllo delle politiche dell’Unione Europea. Il
Centro Comune di Ricerca è una Direzione Generale della Commissione Europea, che dispone di sette Istituti di Ricerca dislocati in cinque Stati Membri dell’Unione Europea (Belgio, Germania, Italia, Olanda e Spagna). Ha uno staff di circa 3000 persone e funge da centro di riferimento per le questioni di carattere scientifico e tecnologico in seno all’Unione. Vicino agli ambienti in cui vengono formulate le politiche, il Centro Comune di Ricerca agisce nell’interesse comune degli Stati membri, senza essere legato ad interessi privati o nazionali. Ci occupiamo fra le altre cose di ambiente e sostenibilità, energia, protezione e sicurezza del cittadino, Salute e la Protezione del Consumatore, standard, infrastrutture comprese quelle digitali, ricerca in campo nucleare (rischi associati alla manipolazione e allo stoccaggio di materiale radioattivo) e molto altro. Vi invito a visitare il nostro sito https://ec.europa.eu/jrc/en/about/jrc-in-brief
3/ Parlando dell’attrattività dell’economia veneta, quali sono a suo parere gli aspetti che caratterizzano l’economia del Veneto e che più piacciono alle economie dei paesi europei?
Sicuramente la dinamicità e l’imprenditorialità veneta sono un elemento molto positivo così come la vocazione all’export. Certo ci sono delle sfide notevoli da affrontare. Prima di tutto la
globalizzazione dei mercati (che aumenterà con l’accordo di libero scambio con gli USA) con il conseguente incremento della pressione competitiva. Sicuramente la pressione fiscale, i tempi e i costi della burocrazia costituiscono un problema che i veneti non possono risolvere perché di competenza nazionale, ma rimane una struttura produttiva che in parte è datata: imprese relativamente piccole e tecnologicamente poco avanzate (technological readiness – accesso e uso delle nuove tecnologie siamo al posto 208 su 258 regioni europee ) e operanti in settori già molto competitivi (essenzialmente il manifatturiero – moda e arredamento). con bassa propensione all’innovazione: circa 1% del PIL regionale a fronte dell’1.25 della media italiana e 2.9 di quella tedesca, posizione 151 su 258 rispetto al 2010). Il Veneto è anche caratterizzato da un sistema sociale con un’alta disoccupazione giovanile (27.6% rispetto al 42.7 dell’Italia ma al 7.7 della Germania) e femminile (9.8% a fronte del 13.8 Italiano e 4.6 tedesco) ma soprattutto con una bassa educazione: siamo terz’ultimi in classifica per la percentuale di forza lavoro con educazione universitaria, solo il 16.7% – dato OECD 2013 – quando il dato medio tedesco è 28.4% (peggio del Veneto solo Puglia e Sardegna, se poi guardiamo a tutte le regioni europee il Veneto occupa il 211 posto su 258).
4/Le aziende venete si raffrontano nel business con le aziende tedesche, sono in competizione nelle commesse del mercato europeo e mondiale ma rappresentano anche il nostro primo partner estero. A suo parere che relazione c’è tra le imprese venete e quelle tedesche?
Da quello che posso leggere attraverso degli indici aggregati (Regional Competitivness) i parametri economici e di produttività sono simili (Il PIL per capita – a parità di potere d’acquisto- è più alto in Veneto che in regioni del nord est tedesco), così come le infrastrutture (strade, aeroporti, ferrovie), ottimo il sistema sanitario (legato alla produttività). Quello che fa la
differenza nella competitività sono essenzialmente le “istituzioni” (corruzione percepita, legalità ed efficacia della pubblica amministrazione, gestione del potere pubblico, efficienza/efficacia del sistema legale, protezione dei diritti, trasparenza, etc.), le condizioni macroeconomiche (deficit e debito pubblico che si riflettono poi sul carico fiscale), l’istruzione e la formazione continua, la disoccupazione femminile e giovanile, ma la cosa più rilevante è un minore adeguamento tecnologico (banda larga, uso di internet, on-line commerce).
5/ Tornando all’Unità di Analisi Finanziaria ed Economica che lei qui rappresenta, in che modo ciò che fate può aiutare l’imprenditore veneto?
Il gruppo in cui lavoro non si occupa specificatamente di questioni regionali anche se il finanziamento alle PMI è uno dei temi su cui stiamo lavorando. L’aiuto che possiamo dare è indiretto: studiando la realtà locale e comparandola con altre realtà locali, in Italia e in Europa, siamo in grado di derivare indicazioni generali che aiutano a monitorare le politiche in atto o a disegnarne di nuove. La Commissione Europea è particolarmente attenta alle regioni, al loro sviluppo e al contributo che danno al raggiungimento dei target nazionali. Nel periodo 2014-2020 l’Italia riceverà complessivamente circa 32,2 miliardi di EUR provenienti dai fondi della politica di coesione, dei quali 7,6 miliardi di EUR sono destinati a progetti in regioni più sviluppate (tra le quali si conta il Veneto), e 567,5 milioni di EUR sono destinati all’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile. Il sito di DG REGIO (Politiche Regionali) http://
ec.europa.eu/regional_policy/index_en.cfm e quello del governo italiano http:// www.opencoesione.gov.it/ contengono le informazioni sui programmi specifici. Anche la Banca Europea di Investimento è particolarmente attiva: gli investimenti complessivi della Banca in Italia nel quinquennio 2011-2015 hanno superato i 47,3 miliardi di euro. Il 38% degli investimenti è andato alle PMI e alle aziende mid-cap, mentre un altro 35% all’energia, telecomunicazioni e trasporti (http://www.eib.org/ products/index.htm ). La Commissione (e quindi anche il JRC) può inoltre fornire alle regioni un forum di discussione e di confronto con altre realtà locali e favorire il coordinamento degli sforzi collettivi.
6/Che passaggio culturale è necessario per creare più collaborazione tra l’economia regionale del Veneto e quella europea?
Conciliare la visione locale con quella più globale e transnazionale è necessario affinché le politiche europee rispondano alle necessità dell’economia reale e della società ed abbiano quindi una maggior efficacia quando implementate. Da parte nostra, sicuramente dobbiamo essere più sensibili alle problematiche locali e dobbiamo “ascoltare” di più. Un grosso sforzo si sta facendo attraverso le “consultazioni pubbliche” dove, cittadini e organizzazioni possono esprimere il loro parere su tematiche che saranno oggetto di regolamentazione europea (si è appena chiusa quella sulla regolamentazione dei servizi finanziari, dove era richiesto un feedback su casi di regolamentazione eccessivamente restrittiva ed onerosa in modo da poter studiare modifiche della normativa in vigore).
Da parte del cittadino e della comunità locale si richiede una maggiore partecipazione attiva alle iniziative europee disponibili. Il che implica a mio parere la necessità di: un coordinamento locale pro-attivo (una sorta di sportello regionale) che cerchi le iniziative potenzialmente interessanti e aiuti l’imprenditore a usufruirne (aiuto con documentazione e reporting); un coordinamento politico che inserisca l’input che proviene dall’Europa in una politica di sviluppo regionale in modo che gli interventi europei siano “moltiplicatori” di sviluppo e non si esauriscano nella partecipazione al progetto. Informazioni addizionali L’Unione Bancaria è uno dei quattro pilastri della politica finanziaria dell’euro, insieme a quel lo fiscale, economico e politico.
E’ un progetto avviato dall’ Unione Europea nel 2010, riguarda i sistemi di vigilanza e ristrutturazione delle banche per la stabilità finanziaria della zona euro e ha l’obiettivo di evitare nuove crisi della zona euro.
A livello globale, l’Unione Bancaria è in linea con gli impegni assunti dall’UE in seno al G20 e negli Accordi di Basilea III.
L’Unione Bancaria si basa fondamentalmente su tre pilastri: il Meccanismo di Vigilanza Unico (Single Supervisory Mechanism – SSM) entrato in vigore nel 2013 ma operativo da novembre 2014, il Meccanismo Unico di Risoluzione delle Crisi (single resolution mechanism -SRM) che entrerà in vigore nel 2016 e il Fondo Unico di Risoluzione (Single Resolution Fund -SRF) che dopo una fase transitoria, a partire dal 1 gennaio 2015, sarà a regime dal 2025.
Meccanismo di Vigilanza Unico: la supervisione è affidata alla Banca Centrale Europea (BCE) attraverso un meccanismo di vigilanza unico (vigilanza diretta su circa 130 banche “sistemiche” e delegata alle autorità nazionali per le altre, circa 6000).
Meccanismo Unico di Risoluzione: nel caso in cui, malgrado la vigilanza rafforzata, una banca soggetta al Meccanismo di Vigilanza Unico dovesse trovarsi in gravi difficoltà, il Meccanismo Unico di Risoluzione delle crisi permetterebbe di gestire la sua crisi in modo efficiente, riducendo al minimo i costi per i contribuenti e l’economia reale e prevede un accentramento della facoltà di decidere circa il salvataggio o il fallimento di una banca sotto la supervisione della BCE. L’efficacia di questo meccanismo è garantita dalla creazione di un fondo ad hoc, il Single Resolution Fund.
Inoltre, un comitato formato da rappresentanti delle autorità nazionali, il Single Resolution Board che opera sotto la direttiva della BCE, ha il compito di controllare la normale esecuzione
delle manovre di salvataggio o di un eventuale fallimento di una banca. Questo nuovo organo va a modificare i compiti della già funzionante European Banking Authority (EBA).
Single Resolution Fund (SRF): gli Stati hanno dato vita ad un fondo “salva-banche” unico, finanziato con prelievi sugli istituti di credito a livello nazionale. L’SRF sarà finanziato
mediante prelievi sulle banche che inizialmente saranno gestiti a livello nazionale, poi confluiranno gradualmente in 10 anni in un unico fondo europeo. gli oneri connessi alle crisi bancarie saranno posti a carico, nell’ordine, degli azionisti, degli obbligazionisti e dei depositanti per le giacenze superiori a 100 mila euro.
Nel complesso i privati dovranno necessariamente coprire le perdite della banca in default per un ammontare almeno pari all’8% degli attivi dell’istituto (bail-in). Oltre tale soglia, interverrà in seconda battuta il SRF per un ammontare del 5% degli attivi della banca, qualora dovessero necessitare di ulteriori risorse i Governi potranno intervenire attraverso il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).
L’Unione dei Mercati dei Capitali è un insieme di iniziative volte a sviluppare il prestito non bancario ed il finanziamento del mercato dei capitali in Europa, con l’attenzione puntata su
infrastrutture e PMI. L’obiettivo è anche quello di utilizzare il mercato dei capitali come mezzo per migliorare l’integrazione europea, attraverso l’eliminazione delle barriere nazionali e
l’armonizzazione delle regole inerenti alla libera circolazione dei capitali. L’idea quindi è che, con un mercato europeo dei capitali più armonizzato, il ventaglio di possibilità di accesso al
credito per cittadini e imprese si allarghi, migliorando e omogeneizzando la loro inclusione finanziaria, indipendentemente dallo Stato Membro nel quale risiedono.
La Commissione ha individuato 5 priorità:
 Revisionare la documentazione che le imprese sono tenute a pubblicare prima di quotarsi in borsa: siccome le informazioni richieste possono essere molto onerose da raccogliere, semplificarle e ridurne il costo faciliterebbe le imprese nell’accesso al mercato dei capitali (Prospectus directive)
 Sviluppare misure quantitative standardizzate per la valutazione della credibilità creditizia delle PMI: L’obbiettivo é quello di facilitare l’accesso alle informazioni sulle PMI ai meno esperti o i chi presta denaro senza essere una banca, come le compagnie assicurative e di gestione patrimoniale (credit scoring).
 Rilanciare le cartolarizzazioni di alta qualità (riconfezionamento, creazione dei nuovi titoli da emettere e fornitura delle garanzie). Siccome il processo di cartolarizzazione é effettuato
dalle banche di investimento, rivitalizzare le cartolarizzazioni promuoverà implicitamente in Europa le attività delle banche d’investimento, rispetto alla tradizionale relazione bancaria.
 Promuovere sviluppo dei Fondi Europei per l’Investimento a Lungo Termine: questo nuovo tipo di fondo vuole attirare le compagnie assicurative e i fondi pensione a investire nella privatizzazione delle infrastrutture e delle compagnie con un orizzonte temporale più ampio.
 Armonizzare il quadro normativo di riferimento al fine di ridurre le discrepanze nazionali, come ad esempio la legislazione sull’insolvenza e le regole in materia di documentazione che al momento agiscono come barriere. Michela Nardo è ricercatrice presso JRC, Joint Research Centre – Commissione Europea. I suoi interessi di ricerca spaziano dalla metodologia statistica all’economia computazionale. E’ co-autrice dell’Handbook for constructing composite indicators, prodotto in collaborazione tra JRC e OECD e pubblica con regolarità su riviste specializzate. Ha preso parte allo sviluppo o alla verifica di svariati indicatori compositi internazionali, come WEF-Global Competitiveness Index, l’EC-Consumer Empowerment Index, OECD- Product Market Regulation Index. Attualmente coordina il gruppo di ricerca sullo sviluppo del mercato dei capitali. I suoi interessi di ricerca spaziano dai modelli di stima dell’ integrazione nei mercati finanziari all’anticipazione di variabili economiche basata sull’analisi di web news.