Intervista a Francesco Favaro – Australia

Intervista a Francesco Favaro - Australia

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Nel numero 04/2015 di EMT abbiamo il piacere di incontrare il dott. Francesco Favaro nato a Treviso nel 1981 che ha studiato presso l’università di Padova, alla Boston University e ha
conseguito il Master AGSM MBA ed ora vive e lavora in Australia.

A cura di Silvia Trevisan

1/Buongiorno dott. Francesco Favaro, iniziamo dai suoi percorsi di studio e lavoro. Ce li racconta?

Ho studiato ingegneria all’università di Padova, laureandomi nel 2005 con il vecchio ordinamento. Mentre studiavo a Padova ho vinto una borsa di studio negli Stati Uniti alla Boston University
dove ho studiato e vissuto per 6 mesi.
Al termine dell’università ho lavorato per 9 mesi presso l’azienda di famiglia, la Garbuio, in un ruolo gestionale perché l’azienda aveva appena acquisito una società concorrente in Inghilterra e
c’era bisogno di pianificare l’integrazione tra le due società. L’integrazione richiedeva il consolidamento dei sistemi informativi, ma anche un’analisi commerciale per definire cosa dovesse fare
ciascun stabilimento del gruppo.

 

2/Qual è stato il percorso professionale che l’ha portata all’estero?

Ho avuto la fortuna di avere una famiglia che mi ha sempre incoraggiato a fare esperienze all’estero e imparare l’inglese. Per questo motivo dopo il breve periodo in Garbuio, ho cercato lavoro in
un’azienda multinazionale, trovandolo presso il gruppo Eni a metà 2006.
Eni mi ha dato subito la possibilità di trasferirmi in Gran Bretagna. Per quasi due anni ho lavorato a Bristol come ingegnere, seguendo la fornitura di apparecchiature petrolifere sottomarine per
i progetti di Eni in Egitto. In seguito, nel 2008 ho assunto il ruolo di coordinatore tecnico per diversi progetti offshore in Egitto per circa un anno.
Nel 2009 Eni mi ha offerto l’opportunità di gestire la parte sottomarina di uno dei loro progetti in Australia. Ho svolto questo ruolo per quasi 3 anni, vivendo a Perth nell’Australia Occidentale
e muovendomi spesso per trasferte di lavoro in Norvegia, Singapore e Timor Est. Questa opportunità mi ha dato modo di sviluppare competenze gestionali nella negoziazione e controllo di grandi
contratti di fornitura, ma anche nel coordinamento di complesse operazioni offshore. Inoltre ho avuto la fortuna di lavorare con colleghi con competenze di altissimo livello che mi hanno aiutato a
portare a termine un incarico sicuramente, per lo meno all’inizio, al di sopra delle mie capacità.
Al termine del progetto nel 2011 Eni mi ha chiesto di rimanere a Perth per altri 6 mesi per portare a termine l’acquisizione di un nuovo campo gassifero a nord dell’ Australia. Questo ruolo mi ha
aperto diverse prospettive. Ho capito che la mia carriera sarebbe stata in ambito gestionale e strategico. Ho dunque deciso di lasciare Eni per intraprendere un “Master in Business
Administration” presso l’ Australian Graduate School of Management a Sydney, per un 1 anno e mezzo dal 2012 fino a metà 2013.
L’ MBA è stata un’esperienza unica. Mi ha portato ad intraprendere il tipo di carriera che volevo. Durante l’MBA ho fatto uno stage in un fondo di Private Equity, grazie al quale sono riuscito
poi a trovare impiego presso “Resource Finance Corporation”, una banca d’affari con sedi a Sydney, Perth e Londra esclusivamente focalizzata nel settore delle risorse naturali, dove lavoro tuttora.

Lavorando per RFC a Sydney ho avuto l’opportunità di occuparmi di fusioni e acquisizioni tra le più grosse aziende nel settore dell’energia e delle infrastrutture. Il mio lavoro consiste nel
fornire consulenza strategica e finanziaria a fondi di investimento e società che vogliano comprare o vendere asset. Svolgo questo ruolo da più di due anni in qualità di direttore
associato. In questo periodo ho inoltre preso la cittadinanza australiana.

3/ Come vede l’Italia in ambito di carriera lavorativa?

Nell’ambito della carriera lavorativa c’è una grossa differenza tra l’Italia e i paesi anglosassoni. In Australia, Inghilterra e Stati Uniti, c’è un chiaro allineamento tra risultati,
retribuzione e carriera. Questo a mio avviso fa sì che i dipendenti si sentano più stimolati a dare il massimo per l’azienda.
In Italia la retribuzione e la carriera sono molto più legate alla seniority o ad altre logiche di politica societaria. Il risultato di questo approccio e’ che i giovani italiani se ne
vanno all’estero per cercare un maggior riconoscimento delle loro enormi abilità, la cosiddetta fuga dei cervelli.
Quasi tutti i giovani espatriati Italiani che lavoravano con me in Eni Australia a Perth, hanno lasciato la società e oggi lavorano in Asia e Australia in ruoli di grandissima responsabilità.

 

4/ Come valuta ed è valutata la formazione dei giovani in Italia?

L’Università di Padova mi ha preparato sicuramente dal punto di vista teorico meglio di qualsiasi altra università che io abbia frequentato. Una laurea in ingegneria in Italia da’ la capacità di
spaziare in tutti i campi dell’ingegneria con grandissima facilità. Ciò che però non mi ha insegnato è l’aspetto pratico del lavoro dell’ ingegnere.
Per contro, le scuole anglosassoni insegnano a interagire con i colleghi, lavorare di squadra, ragionare criticamente e presentare le proprie idee di fronte ad un pubblico. Questi sono aspetti
pratici dello stare in un ambiente lavorativo che a mio avviso, al giorno d’oggi, sono quasi più importanti che le conoscenze tecniche.
I giovani italiani che cercano lavoro in un mercato divenuto ormai globale, risultano quindi svantaggiati rispetto agli studenti stranieri. E’ chiaro che l’università italiana non fa abbastanza.
Ma non è tutta colpa dell’università. Qui in Australia gli studenti cominciano a fare stage a partire dalla scuola superiore.

 

5/ A suo parere quali sono le competenze inedite richieste dal mondo del lavoro sia
in Italia che all’estero, ma che ancora i nostri giovani non hanno individuato?

Vedo una grande richiesta di competenze tecnologiche legate a internet e all’intelligenza artificiale, competenze che negli ultimi anni hanno fatto nascere nuovi settori, sia negli USA che in
Australia.
Quando ho lasciato il liceo gran parte dei miei amici sceglievano economia o giurisprudenza, percorsi formativi considerati molto prestigiosi. Chi sceglieva ingegneria o una disciplina tecnica
veniva visto come uno “sfortunato”.
Oggi 3 tra le 10 più’ grandi aziende al mondo producono tecnologia. Gli “sfortunati” che le hanno fondate sono idolatrati come profeti.

 

6/Sono ancora molti i giovani che scelgono economia in Italia, cosa ne pensa?

La laurea in economia e commercio offre conoscenze commerciali che possono essere spese in tantissimi settori, per esempio, nella consulenza finanziaria e strategica, nel settore bancario, nel
marketing e dell’imprenditoria. In Australia si aprono ogni anno molte posizioni nella consulenza strategica e finanziaria che possono essere ricoperte dopo aver svolto una laurea in economia e
commercio o un MBA.
Tuttavia è opportuno che chi sceglie di fare economia e commercio lo faccia con un preciso obiettivo. L’accesso alle posizioni di cui parlavo prima è molto competitivo.
Chi comincia una laurea in economia al giorno d’oggi non ha certezza di trovare lavoro, certezza che invece è maggiore in settori a grande crescita come quello dell’informatica. E’ necessario che
i giovani italiani facciano esperienze lavorative prima di entrare all’università per prendere coscienza di cosa vogliano fare da grandi e quali siano le opportunità di lavoro offerte dai vari
corsi universitari. Al giorno d’oggi non si può più scegliere percorsi formativi come legge o economia perché non si sa cosa fare.

 

7/ Come vede l’economia di Treviso e il suo rapporto con il contesto economico globale?


Durante la mia vita ho visto il successo e la caduta del miracolo del Nord Est di cui l’economia di Treviso ha fatto parte.
Lo sviluppo industriale del Nord Est è in gran parte partito da una lunga tradizione artigiana da cui sono sorte numerose aziende capaci di esportare in Europa e nel mondo, grazie a una cultura del
lavoro non comune, ma anche ad una valuta debole ed un costo della manodopera comparativamente più basso che in altri paesi sviluppati.
Le nuove aziende sono state gestite dagli stessi artigiani a cui va dato l’enorme credito di aver costruito delle realtà imprenditoriali di spicco e dato impiego a centinaia di migliaia di persone.
D’altro canto però a questi nuovi imprenditori è mancata la capacità di mantenere il proprio vantaggio competitivo in seguito al ingresso dell’Italia nell’Euro e della Cina nel WTO. Ciò
richiedeva conoscenze gestionali che in molti casi sono mancate a quella generazione di imprenditori e che dovevano essere apportate dalle nuove leve.
Così però non è stato, in parte perché la scuola non ha veicolato in maniera opportuna queste conoscenze, in parte per via della rigida gerarchia di certe aziende a conduzione familiare che in
molti casi non ha favorito l’emergere di nuovi talenti. Inoltre tra le nuove generazioni, forse troppo adagiate nell’ideale di un posto di lavoro fisso, è spesso mancata la capacità di partire
con nuove attività imprenditoriali. Il risultato è che molte aziende Italiane sono state acquisite da concorrenti straniere con prodotti magari inferiori dal punto di vista della qualità, ma con
capacità gestionali e strategiche più adatte ai tempi odierni.
L’ Australia e certe regioni degli USA hanno avuto per certi versi lo stesso modello di sviluppo del Nordest, ma diversamente dall’Italia hanno saputo valorizzare l’apporto della seconda
generazione di manager.

 

8/ Dobbiamo arrenderci e dire che è troppo tardi, oppure è possibile cambiare anche in Italia ?

In Italia c’è tanta immobilità causata dalla paura di uscire dai ranghi. Il “Jobs act” che ha avuto in Italia una forte opposizione, in Australia sarebbe considerato una misura insufficiente. Qui
i dipendenti vengono licenziati da un giorno all’altro non solo per motivazioni economiche, ma anche per scarsa performance. Ciò porta i dipendenti ad essere più incentivati a dare il massimo per
l’azienda e l’intera economia ad essere più flessibile e capace di adattarsi ai cambiamenti globali.
Ai giovani che si sentono oppressi dalla rigidità del sistema italiano consiglio di fare esperienza all’estero o di aprire una loro società in Italia. Qui in Australia vedo tanti giovani che si
licenziano per inventarsi un lavoro tutto loro.

 

9/Quindi una nuova visone delle Startup non solo per i contributi e le esenzioni fiscali che agevolano l’intraprendenza imprenditoriale, ma anche per essere liberi dalla seniority e da una
classe dirigente immobile?

Sì certo.
Riguardo alle startup il consiglio che do’ più spesso è di pensare al prodotto che si vende. Molto spesso si associano le startup a internet e ai social network, ma non si pensa al prodotto che
c’e’ dietro. Il web è solo il mezzo, non il fine. Facebook mette in comunicazione persone in giro per il mondo, Google gestisce le informazioni online. Il web è solo un’ interfaccia, il
successo lo fa una buona idea imprenditoriale.

La redazione ringrazia il dott. Francesco Favaro per aver condiviso con il territorio la sua esperienza di studio e lavoro all’estero. Rivolgiamo le nostre congratulazioni per la brillante
carriera! L’intervista è stata realizzata via Skype

Silvia Trevisan
Editor Economia Marca trevigiana
Bimestrale CCIAA Treviso