Eleonora Pilla ingegnere dell’energia.

Eleonora Pilla ingegnere dell'energia.

Ci racconta la sua esperienza di studio e lavoro in Danimarca.[energia][ingegneria]

Nel numero 03/2014 di EMT abbiamo il piacere di incontrare l’Ing. Eleonora Pilla nata a San Donà di Piave che ha studiato presso l’università degli Studi di Padova ed ora studia all’Università
di Aalborg e lavora presso Neas Energy nella città di Aalborg in Danimarca.

 

1/Come mai hai scelto il corso di laurea in Ingegneria dell’Energia?

Ingegneria perché, dopo 5 anni di liceo classico, volevo finalmente dedicarmi allo studio di qualcosa di pratico, lavorare con i numeri e scoprire le regole della fisica che regolano il mondo,
capire come funziona un phon, un motore, una caldaia
Ingegneria dell’energia perché avevo cominciato ad interessarmi alle problematiche ambientali, economiche e politiche legate alla produzione tradizionale di energia ed ero affascinata dalle fonti
alternative di energia.

 

2/Come ti sei trovata all’università degli Studi di Padova?

A Padova sono stata veramente bene, anche se il corso di studi è meno orientato verso le energie rinnovabili di quanto sperassi. Per rimanere al passo con gli esami universitari il carico di studio
non è indifferente, ma sapendosi organizzare ci si può anche godere la città e la vita universitaria. Mentre studiavo a Padova soffrivo l’approccio puramente teorico di molti corsi, senza grandi
collegamenti con il mondo lavorativo, e i programmi un po’ datati seguiti da alcuni professori, ma ora che sono all’estero apprezzo moltissimo le solide basi di ingegneria che ho acquisito in
Italia. Ritengo quindi di aver avuto a Padova dei professori competenti, poi l’istruzione universitaria va corredata di approfondimenti personali e di esperienze pratiche.

 

3/Come mai hai deciso di frequentare la magistrale in Danimarca?

Sentivo il bisogno di un nuovo approccio alle tematiche affrontate durante la triennale, quindi un focus maggiore sulle energie rinnovabili e un approfondimento degli aspetti economici e politici
che regolano le scelte in campo di energia. Inoltre avevo desiderio di internazionalità, che non è molto spiccata a Padova.

Durante la mia esperienza di stage in Germania ho conosciuto uno studente di Aalborg il quale mi ha parlato molto entusiasticamente dei suoi studi. Era iscritto al corso magistrale
“sustainable energy planning and management”, che io ora traduco come “ingegneria gestionale dell’energia rinnovabile”, in quanto tratta gli aspetti socio-economici e socio-politici legati
alla transizione energetica che sta avvenendo in Europa e in particolare in Danimarca. I contenuti di questo corso di studi, quasi unici in Europa, mi sembravano precisamente adatti alle mie
necessità, perciò ho deciso di partire per questa nuova avventura.

 

4/Come hai trovato lavoro? Di cosa ti occupi?

L’università qui in Danimarca è interessante, ma meno impegnativa di quella di Padova, perciò quando me ne sono resa conto ho pensato di investire un po’ del mio tempo in un’esperienza lavorativa.
Curiosando nei siti web di aziende nei dintorni ho trovato un annuncio per un laureato in economia che parlasse greco, serbo o italiano. Pur non incontrando tutti i requisiti, ho risposto
all’annuncio e la buona conoscenza dell’italiano, del tedesco e dell’inglese è bastata per farmi assumere.
Ora lavoro quindi part-time nel dipartimento di business development di Neas Energy e mi occupo di normativa e registrazione nei mercati del gas europei e nei vari mercati
energetici italiani, dal mercato del gas al mercato dei certificati verdi al trading di elettricità prodotta da rinnovabili. Questa posizione è solo marginalmente legata a quello che studio, ma
quello che sto imparando sul lavoro è molto interessante e trasversale all’ingegneria e alla gestione dell’energia.

 

5/ Com’è lavorare in un altro stato ed entrare in contatto con un’ altra cultura?

Ammetto di aver lavorato in Germania e in Danimarca ma mai in Italia, quindi non posso fare paragoni. Il mio ambiente di lavoro è molto internazionale (nel mio ufficio siedono una tedesca, una
slovacca, una macedone, un bulgaro, una ungherese e una danese) e accogliente. Spesso il venerdì pomeriggio ci auguriamo buon weekend con un bicchiere di vino e una fetta di torta. Se da una parte
questa informalità e mancanza di gerarchia è piacevole, dall’altra a volte c’è il rischio di mescolare i ruoli, allora tu non sai se il tuo capo è veramente soddisfatto del tuo lavoro o se non
sporge critiche per non essere scortese. Siamo sempre in Europa, ma le differenze culturali ci sono

 

6/ Ci puoi descrivere come si fa impresa in Danimarca e quale rapporto hanno le imprese con l’università?

Come si fa impresa? Io me lo chiedo ancora, i danesi stanno in ufficio sicuramente meno ore degli italiani, hanno meno gerarchia, meno regole, più giovani con poca esperienza, eppure l’economia
funziona, quindi devono avere successo! Scherzi a parte, penso che il loro punto di forza sia la correttezza, conseguentemente in azienda si respira un’atmosfera di profonda fiducia, dove anche i
giovani sono investiti di responsabilità e al contempo sono incoraggiati a chiedere chiarimenti, spiegazioni, aiuto in qualunque momento.
C’è quindi voglia di fare del proprio meglio da parte di tutti, non per niente il motto della nostra azienda è “we bring our best”.
Per quanto riguarda il rapporto tra università e mondo del lavoro, in Danimarca non è inusuale studiare e al contempo lavorare in un’azienda, mettendo quindi in pratica ciò che si studia. Di solito
questo non avviene attraverso l’università, ma con il contatto diretto tra studenti e aziende, però l’università è molto disponibile nei confronti degli studenti lavoratori, per esempio accetta
assenze da corsi obbligatori per motivi di lavoro.

 

7/ Quale consiglio daresti ad un giovane che deve iniziare il proprio percorso di studi universitari?

Studia quello che ti piace, pensando all’obiettivo che ti dai e non agli ostacoli che incontri (quindi se scegli ingegneria dell’energia, ricorda che vuoi progettare una turbina eolica tra 5 anni
e non concentrarti sul fatto che non è divertente preparare l’esame di analisi;

Non intestardirti su qualcosa che non ti riesce (se è 6 volte che provi a dare analisi 1 e non ci riesci, forse è meglio cambiare facoltà);

Impara almeno due lingue bene (nella mia azienda assumono solo chi parla almeno 3 lingue), studia per sapere e non per passare gli esami, fai uno stage prima di finire gli studi (anche a
costo di accettare un 18 in un esame per poter poi avere l’estate libera per lavorare).

Non avere paura delle novità e del cambiamento.
In bocca al lupo!

eleonora.pilla@gmail.com