Intervista al titolare della “Varisco” Marco Varisco per “Economia della Marca Trevigiana” della CCIAA.
Intervista a cura di Silvia Trevisan della Redazione di ” Economia della Marca” e trevisobellunosystem.com
Buongiorno Marco cosa significa essere un imprenditore dell’arte?
Significa essere un artigiano.
Si parla di artigianato, una volta c’era un’offerta maggiore perché i ragazzi imparavano il lavoro nelle botteghe. Non c’era la crisi voluta dalla troppa offerta con la conseguente esagerazione di
produrre cose che non hanno consumo e che perciò vengono pensate per essere buttate via, vengono pensate per scadere.
Ho detto che essere un imprenditore dell’arte significa avere una dimensione di artigiano perché l’artigiano nella storia della nostra penisola ha sempre fatto arte. Lavoro sul tornio in ghisa con
le mole in pietra logorato dal tempo e questo è il mio orgoglio.
Ci racconta perché ha deciso di continuare la tradizione di famiglia.
Ho sempre giocato qui in bottega. Ero piccolo e stavo sotto lo sgabello del nonno. Il mio modo di vedere partiva da qui.
Io ho avuto la fortuna di aver imparato il mio hobby. E’ dentro il mio DNA. E’ come se fosse qualcosa di scritto, una mano mi ha preso le mani.
C’è stata l’importanza di mio papà assieme alla mia voglia di conoscere. La tecnica del papà era diversa da quella del nonno e poi ho maturato la mia tecnica.
In tre generazioni si sono sviluppati quattro intagli di molatura di incisione diversi. Ora anche di scomposizione.
Nei segni di incisione ci sono i dettagli nati dalle emozioni che si esprimono soprattutto quando fai un lavoro che ti piace fare.
Tutti sappiamo che l’aver perso la manualità ci ha fatto perdere un importante valore aggiunto. Io ho la possibilità di essere a contatto con la materia trasparente. Istallo nella materia nobile
l’idea che ho in mente e posso riprodurla in una materia così fragile. C’è il rischio che la materia si possa frantumare.
E’ necessaria la sensibilità di capire che il prodotto che stai lavorando è come il ghiaccio. La molecola della materia è sempre in movimento. E’ un amalgama di ossidi messi in forma. Ho la
fortuna di poter non vendere un pezzo che ritengo unico.
Ogni cosa che esce da qui è sempre un pezzo unico anche se sono 100 della stessa forma.
Com’è il mercato italiano?
Abbiamo insegnato al mondo l’arte. C’è richiesta del fatto a mano.
In Italia c’è la crisi con la contrazione della richiesta, ma c’è sete di arte al di fuori dell’Italia. Parlo dei Paesi dell’est così anche in America e Brasile, mi sono recato da poco a Los
Angeles. Il Giappone sta investendo tantissimo in arte.
Quanto incide nel valore di un oggetto il saper fare, l’invenzione della lavorazione e la creatività?
Faccio impresa con l’arte ed è difficilissimo sia quando un cliente non ti chiede il preventivo, sia quando hai creato un modello esclusivo ed il cliente non comprende che cosa ha in mano.
Posso dare all’intero prodotto l’emozione di quando faccio qualcosa. Non ci si deve sedere sugli allori ci deve essere sempre spazio per le idee.
Noi facciamo i migliori progetti. L’Artigiano è un artista che ha il potere di fare qualcosa che non sanno fare gli altri ed io ho la possibilità di far vedere le mie idee.
Il miglior concorrente sono io che mi metto alla prova. Sono un Artigiano 24 ore su 24.
Ho la possibilità di amplificare le mie idee così ,quando disegno, posso realizzare un oggetto diverso da quello che avevo pensato inizialmente.
Non so se sono un imprenditore, ma se vendo significa che ho fatto bene. La mia pubblicità è il passa parola dall’Oriente all’America. Ho una tecnica acquisita
Il problema è di non aver séguito. Non è facile trovare un giovane. La realizzazione di un pezzo d’arte significa il dosaggio dell’acqua …più acqua meno acqua…, della creatività, della tecnica,
l’ispirazione. E’ difficile individuare il futuro artista.
Quali sono gli elementi che incidono maggiormente nel valore di un oggetto d’arte?
Può valere 1000 un lavoro da 10 secondi. Il valore non è dato dalle ore di lavorazione ma dall’esecuzione. Devi riuscire a fare alta qualità e produzione.
E’ importante anche capire che, se non c’è l’ispirazione non è giusto creare un oggetto d’arte.
Quanto importanti sono le materie prime?
Lavoro il Cristallo di Firenze, il Vetro di Murano. E’ l’artista che deve dare qualità superiore alla materia prima. Io lavoro solo materia prima italiana. Il vetro non è nato a Venezia: Ne parla
Plinio il Vecchio della scoperta fatta dai Fenici, racconta del vitre, della Soda di silicee che è cambiata in vetro con il calore nel deserto. Ho il privilegio di cambiare un prodotto della
natura.
Quanto ha inciso il territorio per la sua attività?
Se vivi in un bosco non diventi gondoliere. Il Veneto ti porta ad essere artigiano. A Venezia c’è il vetro, a Quarto d’Altino c’era il porto. Treviso era la prima difesa di Venezia prima delle
montagne. C’erano molti incisori. Ma chi ha scelto di essere imprenditore in questo settore dell’arte, anche in questo territorio così fecondo, ora rimpiange il valore dell’artigianato.
Cosa significa per il marchio Varisco esportare? Come è visto il brand Varisco per le gallerie d’arte?
Varisco è il mio nome . Quando vengono in laboratorio con le macchine fotografiche dico loro che possono fotografare tutto perché non è il tornio, ma è la mia mano che fa la differenza che il
prodotto Varisco è qui e non può essere esportato.
Per scaramanzia non ne parliamo ma un mio pezzo sarà esposto in un’importante galleria d’arte di New York.
Territorio e volontariato, ci racconta il progetto hugbike?
Il volontariato fa parte del lato emotivo di una persona. Donare tempo alle persone che hanno bisogno ti dà tantissimo perché sono persone up, no down.
Agili come disabili, forza d’animo da atleti competitivi. Sono legato alla causa dell’autismo.
Creiamo eventi con l’Associazione “Oltre il Labirinto”.
I ragazzi fanno parte del progetto hugbike, assemblano le bici che sono adatte a tutti coloro che vogliono pedalare assieme al proprio figlio. Il volontariato è uno stato di tutti.
Può essere applicato il suo metodo lavorativo ai prodotti del manifatturiero tradizionali?
Parlando del manifatturiero e della situazione congiunturale, c’è la crisi, la legge è sbagliata. non viene punito chi non paga , c’è una pressione fiscale esagerata , gli studi di settore, poi la
gente non spende più come prima. Ma sono convinto che non dobbiamo creare un clima di terrore che crea instabilità e sfiducia.
Proviamo per una settimana a parlare bene evitando il terrorismo mediatico che destabilizza.
Non ci sono più i poeti della carta stampata, ma io credo che quando c’è un problema c’è anche una soluzione che può essere colta.
Ci sono molte persone che si inventano lavori nuovi e perciò stanno facendo soldi.
La realtà cambia , un noto marchio di moda , per fare un esempio,ha chiuso il negozio perché vende di più on-line.
C’è un blocco mentale generale che non fa pensare positivo.
Bisogna ripartire da zero. E’ necessario lavorare qualcosa in più di quello che si sta facendo abitualmente, ma non bisogna lavorare oggi per oggi, ma oggi per domani.
Forse è la visione creativa del mio lavoro che può essere applicata a qualsiasi lavoro del manifatturiero tradizionale. Sviluppare cioè nuove idee trasformando un prodotto tradizionale e ormai
stanco in un’opera d’arte di successo .
Intervista a cura di Silvia Trevisan della Redazione di ” Economia della Marca” e trevisobellunosystem.com