La dimensione d’impresa

In presenza di elevati rischi determinati a livello mondiale dalla globalizzazione che accentua, in tutti i settori


In presenza di elevati rischi determinati a livello mondiale dalla globalizzazione che accentua, in tutti i settori ed a tutti i livelli territoriali, la competizione di mercato, è necessario che
ogni unità in concorrenza detenga una dimensione sufficiente per potersi adeguatamente difendere.

Non si tratta, comunque, di diventare grandi imprese, ma di assumere una dimensione minima per stare profittevolmente sul mercato, senza rischiare l’emarginazione e la successiva
cessazione dell’attività che è sempre più frequente tra le piccole e piccolissime imprese.

Ovviamente non esiste una dimensione minima uguale per tutti i settori, né una fissa all’interno di ciascun settore.
Si può tuttavia stimare, a titolo di indicazione meramente orientativa, che un’organizzazione stabile ed evoluta nella maggior parte dei casi non debba essere inferiore ai 10 addetti (titolare +
soci + collaboratori permanenti + dipendenti), eccettuati naturalmente quei settori in cui la personalità di uno o pochi addetti è determinante per le esigenze della gestione (es.: artigianato
artistico, specializzazioni produttive molto spinte, produzioni tipiche, commercio al dettaglio di vicinato, servizi specialistici e pochi altri).

A parte questi ultimi settori, infatti, nella generalità del sistema produttivo (dall’agricoltura, all’industria, al commercio ed ai servizi) dovrebbero esistere stabilmente imprese oltre i 10
addetti proprio per:

saper sfruttare tutte le opportunità di business che un’azienda dinamica e ben gestita riesce a trovare nella sua attività;

offrire prodotti e/o servizi soddisfacenti e quindi consolidarsi sul mercato e rafforzare la propria produttività -redditività:

dotarsi di risorse umane in grado almeno parzialmente di dedicarsi alle strategie aziendali e ad un sistematico presidio e rafforzamento della competitività dimercato.

Senza l’apporto di mezzi congrui e professionalità dedicate un’impresa qualsiasi in generale non riesce oggi a rimanere sul mercato. Basti pensare, solo per citare i più diffusi casi di insuccesso
a:

l’incapacità fisiologica di molte piccole imprese ad accettare ordini più consistenti, anche se profittevoli e forieri di nuove quote di mercato;

l’impossibilità di fare innovazione ed ottenere sensibili miglioramenti tecnologici essenziali per conquistare posizioni concorrenziali;

l’emarginazione dei temi dominanti sugli scenari futuri e delle scelte strategiche conseguenti, a causa dell’indisponibilità dirisorse umane ad occuparsi di tali problemi.

D’altro canto, dall’osservazione statistica emerge che di fatto circa il 95% delle imprese italiane esistenti conta meno di 10 addetti e quindi si trova in una situazione di rischio che, tranne
per i settori citati in precedenza e per altre situazioni particolari, può tradursi, nell’attuale economia globalizzata, in difficoltà più o meno rilevanti, fino all’insolvenza o alla cessazione
prematura dell’attività.

Naturalmente, la permanenza di imprese sotto la soglia dei 10 addetti (definite dall’Unione Europea «microimprese») è favorita da una serie di motivazionitra cui:

le opportunità di ottenere agevolazioni pubbliche a vario titolo;

una maggiore flessibilità e minori vincoli normativi;

il presidio di nicchie di mercato molto marginali e quindi trascurate dai concorrenti maggiori.

Tutte queste ragioni, tuttavia, non reggono nel lungo andare di fronte ad una competizione sempre più agguerrita e più capillare, che con maggiori risorse (umane e finanziarie) può gradualmente
erodere i vantaggi derivanti dalle agevolazioni, dalla flessibilità e dal posizionamento anche su nicchia ridottissima. Esiste inoltre il fatto che le microimprese spesso non hanno alcun contatto
con il mercato e quindi sono soggetti dipendenti da altri più forti in grado di dettare ogni condizione e pure di emarginarli completamente in situazionisfavorevoli.

Si tratta allora di «convincere» le microimprese della loro costituzionale fragilità e di aiutarle a crescere oltre i limiti di soglia, affinchè diventino piccole imprese (nella fascia
convenzionale dai 10 ai 50 addetti), in cui la dimensione ha già una certa consistenza (seppur modesta), almeno sufficiente in generale ad approfittare delle opportunità di mercato senza essere
passivamente travolta dalle avversità.

Comunque, per le microimprese che non possono o per varie ragioni non vogliono accrescere la propria dimensione, sono necessarie almeno le seguenti iniziative:

partecipazione a gestioni associate in tutte quelle fasi in cui la dimensione minima può essere insufficiente (produzione, approvvigionamenti, commercializzazione, ecc);

partecipazione attiva a filiere produttive ben organizzate;

adesione ad iniziative comuni di ricerca, innovazione e servizi avanzati;

ricorso frequente a consulenze qualificate;

creazione di gruppi di microimprese con attività collegata e con un forte coordinamento organizzativo.

Soltanto in questo modo, si potranno, secondo le problematiche emergenti, sopperire parzialmente o completamente alla rischiosità di una dimensione insufficiente.

Renato Chahinian
Tratto da “L’Economia della Marca Trevigiana”, Febbraio 2004