Sin dal primo articolo della rubrica “Il Punto” si era evidenziato che, qualora le PMI (e particolarmente le microimprese)
Sin dal primo articolo della
rubrica “Il Punto” si eraevidenziato che, qualora le PMI (e particolarmente le microimprese) non possedesseroo non volessero dotarsidi risorse umane e finanziarie sufficienti,
avrebbero dovuto procurarsele all’esternoanche attraverso l’aggregazione in forme diverse con altre imprese. Analogorimedio è stato prospettato nei successivi articoli della rubrica a
propositodell’innovazione tecnologica, organizzativa e commerciale.
In realtà l’aggregazione tra imprese di qualsiasi dimensione e per qualunque esigenza gestionale comporta una conduzione d’impresa aggregata, con la formazione di un’entità
decisionale più vasta (meta-impresa) che può avere o meno personalità giuridica e che contribuisce a fare sistema con le due o più unità indipendenti che la costituiscono.
Se nell’aggregazione stessa esiste un centro decisionale sovraordinato (nel caso specifico dei gruppi o di filiere governate da un’impresa leader) la gestione dei
sistema avviene con gli stessi metodi e criteri di conduzione propri di una singola impresa. In altri termini, la capo-gruppo (holding) o l’imprenditore individuale (se questi controlla
direttamente o indirettamente più imprese) dettano le linee di indirizzo che tutte le imprese del gruppo devono seguire nell’interesse preponderante del centro gerarchico e decisionale superiore.
Analogamente, in una filiera condotta da un’impresa grande e/o gestionalmente avanzata, tutte le altre unità, anche se indipendenti, subiscono le decisioni del leader e si adeguano a queste, perché
le loro possibilità di crescita (o solo di sopravvivenza) sarebbero scarse senza l’adesione alla filiera.
In questo modo, nonostante si possano verificare tensioni e prevaricazioni rimane comunque forte ed unitaria la gestione strategica dell’aggregazione che, se ben condotta, può portare a
soddisfacenti risultati di dimensionamento e di sinergia.
Se invece l’aggregazione di imprese avviene tra unità non gerarchicamente organizzate (accordi di cooperazione, filiere senza leader, consorzio associazioni, distretti), si pone un
duplice problema:
di adesione convinta delle imprese all’organizzazione comune, accantonando la presunzione derivante da sterili individualismi;
di ricerca da parte dell’organizzazione comune, di soluzioni soddisfacentiper tutti i partecipanti (meta-management).
In realtà, entrambi gli aspetti evidenziati sono collegati tra loro ed interdipendenti, perché un’adesione convinta deriverà dalla consapevolezza di un programma (o di esperienze già attuate)
soddisfacenti per la collettività dei partecipanti, mentre la convinzione dell’utilità di costituire un’organizzazione comune crea l’impulso che fa ricercare le soluzioni migliori nell’interesse di
tutti. Una simile organizzazione, inoltre, è teoricamente migliore dell’aggregazione gerarchica, in quanto:
i vantaggi sono diffusi a tutti i partecipanti;
si possono trovare soluzioni più ampie e diversificate;
si attuano le condizioni per un mantenimento ed uno sviluppo dei sistemi a rete e della presenza diffusa di PMI, che sinora hanno rappresentato un punto di forza della nostra economia.
Tuttavia nella pratica stentano ad affermarsi proprio queste organizzazioni comuni per una serie di varie circostanze (sia permanenti che contingenti) che convogliano principalmente nelle
seguenti tendenze:
scarsa conoscenza o consapevolezza dei vantaggi e delle sinergie ottenibili da un’organizzazione comune;
reciproca diffidenza per il timore che gli accordi collaborativi favoriscano la controparte o creino danni e barriere alla propria attività;
carente presenza di figure professionali adeguate (meta-manager) in grado di: trovare le soluzioni migliori per l’organizzazione comune e per i singoli partecipanti,
avviare incisive azioni di sensibilizzazione all’aggregazione, garantire l’imparzialità e la fiducia reciproca di tutti i partecipanti.
Lo sviluppo e le aggregazioni di PMI passano quindi attraverso questi nodi. Se non si riusciranno a sciogliere, rimarranno i problemi già evidenziati nei precedenti articoli con il rischio di
una grossa riduzione del sistema di PMI (e soprattutto di microimprese), lasciando sul mercato soltanto filiere guidate da imprese medio-grandi o gruppi di piccole imprese (sempre che la loro
organizzazione complessiva sia sufficientemente evoluta).
Per mantenere vivo il sistema di PMI esistente attraverso le aggregazioni, la Camera di Commercio di Treviso, assieme alle categorie produttive interessate, stimola incessantemente l’economia
locale nello scioglimento dei tre nodi sopra evidenziati, soprattutto attraverso:
la sensibilizzazione, gli incentivi e l’educazione all’aggregazione tra PMI;
il coordinamento attivo, anche tramite organismi collegati, di iniziative comuni per favorire un clima di affidabilità ed imparzialità;
la promozione di studi, la formazione e ricerca di meta-management per diffondere questa nuova figura professionale ed accrescerne la preparazione ed il valore deontologico.
La leva motivazionale su cui si tentano di affermare queste azioni camerali sono per lo più fondate sull’evidenziazione dei costi di transazione, che ogni PMI inevitabilmente
incontra affidandosi al mercato, costi per lo più derivanti da: incertezza, complessità, specificità delle risorse necessarie e frequenza di tutte queste esigenze.
E’ una sfida che l’Ente camerale deve affrontare per il futuro dell’economia locale.
Renato Chahinian
Tratto da “L’Economia della Marca Trevigiana”, Ottobre 2004