UNA TREVIGIANA ALL’UNIVERSITA’ DI BRISTOL.INTERVISTA A MARGHERITA MARGIOTTI

UNA TREVIGIANA ALL’UNIVERSITA’ DI BRISTOL.INTERVISTA A MARGHERITA MARGIOTTI

[ANTROPOLOGIA] [SOCIOLOGIA] [UNIVERSITÀ]

Nel numero 2/2013 di Economia della Marca Trevigiana abbiamo il
piacere di incontrare la dott.ssa Margherita Margiotti nata a Treviso che ha studiato Antropologia ed Etnologia presso l’università di Siena e l’università di St Andrews ed ora vive nel
Regno Unito ed insegna presso l’università di Bristol (University of Bristol). Margherita oltre ad essere una docente universitaria è anche mamma di due bimbi.
 
1/ Ciao Margherita, iniziando dai tuoi percorsi di studio cosa ti ha spinta a scegliere l’indirizzo universitario di Antropologia e Etnologia?
Credo sia stata una passione per i viaggi, insieme ad una grande curiosità per la diversità culturale. Mi attraeva il fatto che l’antropologia si basa su lunghi periodi di ricerca sul campo.
Ho sempre considerato un privilegio entrare a far parte del mondo di persone diverse da me ed imparare da loro.
Mi sono iscritta dunque al corso di laurea in Filosofia e Scienze Sociali dell’università di Siena per studiare antropologia, ed al terzo anno di corso ho trascorso sei mesi a Panama tra gli
indigeni Kuna.
La ricerca tra i Kuna ha costituito la base per scrivere la mia tesi di Laurea e per poi iniziare il mio progetto di dottorato.
L’aver trascorso lunghi periodi di ricerca a Panama mi ha molto arricchito e ha aumentato la mia passione per l’antropologia, trasformandola da una disciplina studiata all’Università ad una vera e
propria professione basata sulla ricerca e sull’affascinante esplorazione di domande che hanno a che fare con problemi fondamentali dell’essere umano, quali il significato della parentela, le
concezioni e pratiche riguardo alla nascita e alla persona, e i cambiamenti nella vita sociale. L’antropologia affronta queste grandi domande attraverso l’esplorazione della vita quotidiana e
attraverso la voce e le riflessioni della gente.
2/ Dopo quanto tempo dalla laurea hai trovato lavoro? Quali incarichi hai ricoperto?
Ero interessata alla ricerca ed intraprendere il percorso universitario in Italia è molto difficile. Dopo la laurea, ho insegnato alcuni corsi semestrali all’Università senza essere pagata, e
lavorato part-time presso una galleria d’arte. Lo ricordo come un periodo di grande insoddisfazione e di frustrazione.
Dopo un anno ho inviato una domanda per un posto di ricerca temporaneo presso l’istituto di ricerca Smithsonian a Panama ed ho ottenuto un finanziamento per condurre ricerca sul campo. Poi ho
continuato facendo un dottorato nel Regno Unito all’università’ di St Andrews. Questo mi ha dato la possibilità di sviluppare la mia ricerca a stretto contatto con specialisti dell’antropologia
Americanista e anche con antropologi che lavoravano in altre regioni del mondo.
Mentre scrivevo la mia tesi di dottorato ho anche lavorato insegnando antropologia. Dopodiché ho ottenuto un lavoro all’Università di Bristol, dove insegno da tre anni presso il dipartimento di
archeologia e antropologia.
 
3/ Consiglieresti ad un giovane di intraprendere il tuo percorso di studio, visto i successi raggiunti?
Ad un giovane consiglierei di seguire quello che maggiormente lo appassiona, sapendo che gli interessi possono sempre cambiare nel corso della vita.
Credo che una specializzazione di ricerca in antropologia possa offrire la possibilità, oltre che al lavoro universitario, di lavorare in altri settori molto interessanti e cruciali nel mondo in
cui viviamo.
4/ Dal tuo punto di vista e considerando anche gli stati in cui hai lavorato e studiato, quali possono essere le professioni di cui non si parla, cui un giovane non pensa mentre sceglie il
proprio indirizzo di studi? Professioni che non rappresentano le mansioni abituali.
In generale credo ci sia ancora poca considerazione per i lavori basati sulla ricerca, in particolare mi riferisco alla ricerca nel campo sociale, che ha la capacità di studiare ed agire nel mondo
in cui viviamo.
Penso per esempio allo studio di fenomeni come l’immigrazione, il multiculturalismo, che fanno oramai parte della vita quotidiana in Italia, come in altri paesi Europei.
Mi sembra che ancora i lavori che si occupano di questi aspetti, oramai normali direi, della vita sociale siano percepiti come appannaggio del volontariato.
Questo è sbagliato, dal momento che sempre più specializzazioni nel campo delle relazioni sociali, come per esempio l’antropologia, entrano a far parte dei settori pubblici, e a mio parere, lo
saranno sempre più. Forse in Italia questo deve essere ancora compreso, più che in altri paesi europei.
 
5/ Desideravo concludere affrontando un aspetto importante per le donne. Tu sei mamma e docente universitaria, sei riuscita sia nel campo professionale a raggiungere i tuoi obiettivi, sia a
coronare il sogno di una famiglia. Cosa significa essere mamma fuori dal proprio paese d’origine, è difficile o è più facile armonizzare i due ruoli?
Sicuramente questa è una domanda molto importante e che tocca un punto fondamentale, cioè l’importanza, e le possibilità di sviluppare una carriera professionale in armonia con la propria vita
personale.
Nella mia esperienza questo non è stato facile, come penso nell’esperienza di tutte le mamme lavoratrici.
Da un lato, crescere figli e lavorare in paese straniero comporta maggiori difficoltà, quali l’avere a che fare con un sistema educativo, sanitario e lavorativo di primo acchito poco familiare.
Questo ha comportato all’inizio maggiori sforzi e anche maggiori ansie.
Dall’altro lato, nel Regno Unito, nella mia esperienza esiste una maggiore consapevolezza dei problemi e delle difficoltà che le donne affrontano nella loro esperienza professionale.
Nonostante anche qui siamo ben lontani dalla vera equità, credo che una donna venga meno discriminata nell’ambito lavorativo quando ha una famiglia e che esistano alcune norme in più per garantire
che tale discriminazione non avvenga in maniera silente o indiretta. Inoltre nel Regno Unito esistono sussidi economici per famiglie in cui entrambi i genitori sono all’inizio della loro carriera
lavorativa.