Mais Biancoperla


Mais biancoperlaDa qualche anno l’Istituto Professionale di Stato per l’Agricoltura e l’Ambiente di Castelfranco Veneto ha avviato, nell’ambito dei propri compiti istituzionali e formativi, un’importante e qualificata iniziativa diretta alla difesa ed alla valorizzazione della biodiversità rurale.
Il programma d’attività, condotto in collaborazione con gli Istituti Universitari di ricerca, concentra l’attenzione verso un gruppo di produzioni agricole che, fino a tempi non troppo lontani, caratterizzavano le coltivazioni realizzate nel Veneto e che, per lunghi periodi, hanno addirittura rappresentato la base alimentare delle popolazioni rurali e non solo, della nostra regione.Per non equivocare sul significato ultimo dell’iniziativa è bene puntualizzare che salvaguardare le biodiversità non significa auspicare lo sterile e nostalgico ritorno ad un passato molte volte avaro e difficile, ma recuperare ai fini produttivi il maggior numero possibile di popolazioni vegetali ed animali, oggi in pericolo d’estinzione, valorizzando le caratteristiche organolettiche specifiche ed irripetibili di ciascuna varietà, proponendo ai consumatori, oggi più che mai attenti alla tipicità ed al legame dei prodotti con il territorio di origine, alimenti sani che evocano – tra l’altro – ricordi e tradizioni alimentari mai del tutto sopite. Per altro verso, in un mercato come quello attuale, nel quale la “diversità” è stata sostituita dalla “uniformità” dei prodotti, un’attività diretta a favorire le produzioni tipiche regionali originate dalle biodiversità, potrebbe incoraggiare la coltivazione di vecchie varietà con peculiari caratteristiche qualitative poco utilizzate e, contribuendo al mantenimento di specie vegetali altrimenti destinate all’abbandono, proporre forme di sviluppo agricolo sostenibile e conservativo delle risorse.Il mais Biancoperla
Il mais Biancoperla è uno dei prodotti nei cui confronti è in atto l’attività di recupero e di conservazione presso l’Istituto di Genetica Agraria di Lonigo (VI). L’Istituto ospita la Banca del Germoplasma nella quale sono oggi conservate più di 500 varietà di sementi autoctone ancora impiegate nel territorio. Il Biancoperla figura inoltre iscritto nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali e, proprio per le sue tipiche caratteristiche organolettiche, è stato riconosciuto come “presidio” dall’importante organizzazione Flow Food, sotto la responsabilità dei docenti dell’Istituto Agrario di Castelfranco.

Negli ultimi anni si è assistito ad un crescente interesse dei consumatori nei confronti delle produzioni tipiche, specialmente quando legate a particolari usi e tradizioni alimentari locali come nel caso del Mais Biancoperla. La produzione odierna, se confrontata con quella realizzata con l’impiego di sementi ibride selezionate, non è più competitiva anche se conserva importanti tratti specifici. Il Biancoperla è una varietà ad impollinazione libera, caratterizzata da un seme vitreo, di colore bianco perlaceo dal quale deriva il nome, in grado di fornire farine d’elevata qualità per la produzione di polenta.

Le origini e la coltivazione
L’origine di questa varietà non è ancora del tutto chiara. Appaiono ancor oggi elevate frequenze di variabilità dei caratteri, testimoniate dalla comparsa di fenotipi che riflettono le selezioni operate nel tempo dagli agricoltori tra gli ecotipi presenti.
Alcuni riferimenti bibliografici riconducono il Biancoperla al gruppo Perla che comprende numerose e diverse tipologie di mais tra le quali le popolazioni tipo Righetta Tagliamento.

La coltivazione, un tempo diffusa nelle province di Treviso, Padova, Vicenza e Venezia ed in parte del Friuli, occupava mediamente, nel 1950, più del 20% della superficie destinata a mais nel Triveneto, raggiungendo la ragguardevole quota del 61% in provincia di Treviso. Oggi la coltivazione del mais Biancoperla nella nostra provincia interessa una superficie di appena 50 Ha.. Per evitare incroci con i mais ibridi, se compresenti in epoca di fioritura, la coltivazione è realizzata in “isolamento spaziale”, rispettando cioè una distanza di almeno 300 metri dalle altre coltivazioni maidicole oppure, per evitare lo stesso fenomeno, posticipando la semina di 45/50 giorni rispetto agli altri ibridi, così da attuare un “isolamento temporale” delle colture.

Il Biancoperla, a differenza degli ibridi, presenta una bassa produttività: si ottengono rese in granella variabili dai 20 ai 40 q.li per Ha.. Le piante presentano un portamento alto, sono facilmente attaccabili dai parassiti ed oppongono scarsa resistenza al troncamento. La semina rada, pari a 4/5 piante per mq., permette adeguati rincalzi per ridurre gli altrimenti facili allettamenti.

Le caratteristiche
Una pianta alquanto delicata quindi, ma la farina che si ottiene dalla macinazione della granella è indubbiamente la migliore in assoluto per la produzione della polenta bianca, oggi immancabile saporita presenza sulla tavola dei più rinomati ristoranti, per accompagnare piatti di carne o di pesce vanto della cucina tradizionale veneta. Il mais Biancoperla è oggetto di una meritoria azione di valorizzazione annualmente organizzata dal Comune di Roncade. La manifestazione è diretta a far conoscere, con la collaborazione dei produttori e dei ristoratori locali, i prodotti agro alimentari cosiddetti “minori”, tipici della provincia di Treviso ed a promuoverne il consumo.

Nel comune di Roncade ha sede un’importante azienda che ha contribuito alla nascita dell’Associazione Conservatori Mais Biancoperla. All’Associazione, che ha sede presso l’Istituto Agrario di Castelfranco, aderiscono 13 aziende produttrici le quali si sono dotate di un disciplinare che stabilisce regole per la conservazione, produzione e trasformazione del prodotto ed, in particolare, per la produzione della semente secondo rigorosi criteri di difesa e tutela.

Gli elementi principali del disciplinare riguardano:

  • raccolta tempestiva, manuale o a macchina, delle pannocchie tale da permettere un’accurata toelettatura e selezione in funzione d’eliminazione delle porzione deteriorate; eliminazione delle cariossidi e pannocchie inquinate da incroci; abbattimento d’eventuali attacchi fungini;
  • tempestiva essiccazione da realizzare con metodi naturali od artificiali, in ogni modo con temperature non superiori ai 60°C;
  • macinazione con mulini a pietra e confezionamento sottovuoto o con tradizionali sacchetti in carta.

Il disciplinare prevede infine una scheda aziendale che, in aggiunta alle indicazioni di legge, riporta informazioni sulle fasi di produzione e lavorazione della farina.

Alessandro Pontello
Tratto da “L’Economia della Marca Trevigiana”, Giugno 2005

 

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