Ortofrutta e cereali


Fonte: Atlante agroalimentare trevigiano, a cura di Camera di Commercio di Treviso – Belluno

Asparago Bianco del Sile 

  • Origini e Storia

Originario delle zone temperate dell’Asia, l’asparago è oggetto di coltivazione in Veneto fin dall’ età romana. I primi riscontri documentali risalgono al periodo veneziano ed evidenziano come varie zone dai suoli fluviali, a composizione sabbiosa, abbiano sviluppato una specializzazione in tal senso. L’impianto di un’asparagiaia è laborioso: richiede un’aratura profonda con letamatura a lungo termine, quindi l’ interramento dei fusti sotterranei, le cosiddette “zampe”, dalle quale spunteranno quei lunghi germogli, propriamente detti “turioni”, che chiamiamo asparagi. La raccolta degli ortaggi è possibile dal terzo aIl’ottavo anno e avviene per lo più: in aprile—maggio.

  • Caratteristiche

Per ottenere turioni perfettamente candidi, l’ asparagiaia viene protetta dalla luce con un telo nero. L’asparago si presenta cosi con una colorazione bianco-avorio con eventuale lieve colorazione rosa e punta non totalmente compatta, talora lievemente incurvata; la lunghezza prescritta è di 12-22 cm e il calibro di 8-20 mm. La produzione riguarda il territorio di Treviso e di alcuni comuni dell’ area fluviale del Sile:  Vedelago, Morgano, Quinto di Treviso, Zero Branco, Silea, Casier, Casale sul Sile, Preganziol, Mogliano Veneto, Istrana e in parte Resana.

RICETTA

Risotto con gli asparagi

 

600g di asparagi bianchi del Sile, 350g di riso vialone nano
60g di burro, 1 cipolla novella, 1 bicchiere di vino bianco secco
4 cucchiai di olio extravergine d’ oliva
1 l di brodo, prezzemolo, grana padano grattugiato, sale e pepe

 

 

Spellate gli asparagi, staccatene le punte (che terrete da parte), eliminate la parte legnosa del gambo e tagliateli a tocchetti. Mondate e affettate la cipolla, quindi rosolatela in una casseruola can l’olio e metà del burro.
Una volta appassita unitevi gli asparagi (escluse le punte) e lasciate insaporire per qualche minuto. Versate il riso, fatelo tostare per qualche minuto e sfumate con il vino. Quando il vino è evaporato completamente, rimestate aggiungendo un po’ per volta il brodo bollente. 5′ prima che la cottura sia ultimata, unite le punte degli asparagi e il prezzemolo tritato; aggiustate di sale. Quando il riso sarà ancora al dente, toglietelo dal fuoco, mantecatelo con il restante burro e qualche cucchiaio di grana grattugiato.

 

ACQUISTO

 

Gli asparagi sono per lo più commercializzati in mazzi, legati da stroppe di salice o fibre affini, e recanti etichette comprovanti l’origine. Presentazione alternativa è quella in piccole cassette di legno.
In linea di principio calibro e lunghezza dei turioni devono essere omogenei.

 

STAGIONALITA’

Il prodotto è reperibile in tutti i mercati del Trevigiano dall’ultimo periodo di febbraio – sebbene le primizie possano essere ritardate dal freddo – fino a metà giugno. Il periodo più favorevole per qualità e prezzi è la prima metà di maggio.

CONSERVAZIONE

L’asparago è un prodotto molto deperibile, che perde rapidamente quei caratteri di freschezza che ne costituiscono il pregio. La conservazione dev’essere il più breve possibile, avendo l’accortezza di conservare il mazzo in frigorifero, nello scomparto delle verdure, avvolto entro un panno inumidito.

Asparago Bianco Di Cimadolmo Igp 

 

  • Origini e storia

 

La produzione riguarda la porzione di valle del Piave che in sinistra idrografica interessa i comuni di Breda di Piave, Cimadolmo, Fontanelle, Mareno di Piave, Maserada sul Piave, Oderzo, Ormelle, Ponte di Piave, San Polo di Piave, Santa Lucia di Piave e Vazzola. Il capoluogo produttivo, Cimadolmo, citato già nel Seicento a questo proposito, oggi è sede di una mostra concorso, che si tiene tra aprile maggio, e punto di partenza di una Strada dell’ Asparago che lungo un tracciato di 90 km tocca tutti gli 11 comuni consorziati.

 

  • Caratteristiche

 

E’ stato il primo asparago in Europa a ottenere nel 2001 il riconoscimento dell’ Indicazione Geografica Protetta. La sua caratteristica è il colore bianco, definito anche “alabastrino” perché traslucido; questo tono dev’essere puro, ovvero indenne da sfumature verdi o rosa, e perché sia tale si proteggono i turioni dalla luce stendendo dei teli neri sul campo. Il disciplinare di produzione lgp prevede per i turioni i seguenti valori: calibro 6-22 mm e lunghezza 17-22 cm (oltre per la categoria Extra). Le qualità organolettiche dell’ortaggio sono influenzate dalla composizione dei suoli fluviali della valle dei Piave, sciolti e fertili, e dall’andamento climatico, con piogge di frequenza ideale per l’ asparago. Da ciò, la definizione dell’Asparago Bianco di Cimadolmo come “oro bianco” del Piave.

 

RICETTA
Asparagi Bianchi di Cimadolmo Igp gratinati al morlacco

 

 

1 kg di asparagi bianchi di Cimadolmo
200 g di morlacco
burro, sale

 

 

Pulite gli asparagi, pelandoli e togliendo loro la parte terminale più dura. Lavateli, lessateli al dente in abbondante acqua salata, posizionandoli, legati a mazzetto, con le punte rivolte verso l’alto e appena sopra il livello dell’acqua In mudo che queste ultime cuociano solo con il vapore. Scolateli, disponeteli in una pirofila imburrata e copriteli con fettine sottili di Morlacco. Infornateli a 200° fino a quando risulteranno  ben gratinati.

ACQUISTO

Gli Asparagi Bianchi di Cimadolmo Igp si riconoscono dall’etichetta che riporta la denominazione del prodotto e la sigla del marchio di tutela nei caratteri di stampa e nell’immagine stabiliti dal disciplinare di produzione. Gli asparagi coltivati nel comune di Cimadolmo possono fregiarsi della denominazione aggiuntiva “Piave”.

UTILIZZO

La tradizione veneta, forte soprattutto in fatto d’asparagi bianchi, li propone innanzitutto con le uova, piatto che vale come antipasto ma anche come pietanza, o come ingrediente di un risotto all’onda o di un piatto di tagliatelle fatte in casa. Tendenza recente è ricavarne delle lamelle, tagliandoli “a carpaccio”, come base per insalate o guarnizioni di vario genere.

CONSERVAZIONE

Piuttosto diffusa è la conservazione degli asparagi in salamoia, previa spellatura e breve bollitura dei turioni. Gli ortaggi così conservati non si prestano alle più consuete preparazioni culinarie, ma sono molto ricercati per guarnire piatti di salumi e altri antipasti in alternativa ai più consueti sottaceti.

Asparago di Badoere (Pag. 16)

 

  • Origini e storia

 

Questa produzione prende nome dalla località del comune di Morgano che offre una delle più pittoresche immagini della campagna trevigiana: la Rotonda di Badoere, infatti, è una piazza pressoché unica nel suo genere, disegnata da due grandi porticati curvilinei, le cosiddette “barchesse”, erette nel Seicento a margine di una villa palladiana per delimitare un’area di mercato. E’ questo il luogo che vede riproporsi ogni primavera, dal 25 aprile al prime di maggio, una festa degli asparagi che rende merito al prodotto più tipico della zona.

 

  • Caratteristiche

 

II disciplinare di produzione Igp (in itinere) prevede due varietà d’ortaggio: l’ asparago bianco, con turioni di calibro 12-20 mm e lunghezza 14-22 cm, diritti ed eventualmente rosati in punta, e l’asparago verde, con turioni di calibro 12-20 mm e lunghezza 18-27 cm, con eventuali sfumature violacee e leggera curvatura apicale. L’area di produzione, in effetti, riguarda l’area compresa tra i fiumi Dese, Zero e Sile, e diversi comuni ricadenti in tre province: Treviso (Casale sul Sile, Casier, Istrana, Mogliano Veneto, Morgano, Paese, Preganziel, Quinte di Treviso, Resana, Treviso, Vedelago, Zero Branco), Padova (Piombino Dese, Trebaseleghe), e Venezia (Scorzè).

RICETTA

Crudaiola di asparagi con gamberoni croccanti

 

20 gamberoni
6 asparagi bianchi di Badoere
Insalatina novella, farina di mais
semi di sesamo, 3 albumi
olio d’oliva, sale

 

 

Sgusciate i gamberoni, lavateli e immergeteli nell’ albume; passateli poi nella farina di mais e infine nel semi di sesamo e tuffateli in una padella con l’olio bollente in modo da farli dorare. Scolateli con una schiumarola e poneteli ad asciugare su un foglio dl carta assorbente. Pulite e spellate gli asparagi e affettateli sottilmente con una mandolina. Disponete sui piatti un letto di insalatina novella, adagiatevi sopra gli asparagi e concludete con i gamberoni tiepidi. Condite con un filo di olio e un pizzico di sale e servite.

ACQUISTO
Gli asparagi di Badoere vengono commercializzati in mazzi da 0,5 – 1,2 kg, di calibro e lunghezza omogenei, legati con rafia e recanti un’etichetta con dicitura relativa al marchio di tutela comunitario, simbolo (stilizzazione di cinque asparagi sullo sfondo della Barchessa di Badoere) e sigillo di garanzia.
UTILIZZO
L’asparago verde ha sapore caratteristico e si presta a preparazioni culinarie complementari a quelle citate per il bianco. Lessato, per esempio, può essere servito alla Bismark, ripassato nel burro e servito con uova fritte. Più semplicemente può essere utilizzato con gli asparagi bianchi sfruttando il bel contrasto di colori.
PROPRIETA’ CURATIVE
L’asparago è un ortaggio dalle spiccate qualità depurative e diuretiche, e risulta anche leggermente lassativo. Quanto alla circolazione, fluidifica il sangue e aiuta chi soffre di palpitazioni. Ricco di vitamina A e B, fornisce anche un notevole complesso minerale, nel quale spiccano manganese, ferro e fosforo.
Biso di Borso del Grappa (Pag. 17)
  • Origini e storia
L’areale originario della specie coltivata e il Sud-Ovest dell’ Asia, e da qui lungo le antiche vie commerciali ha avuto inizio la sua espansione verso l’Europa, presumibilmente attraverso la Grecia e quindi lungo le strade consolari dell’ Impero Romano. A Borso del Grappa, comune della Pedemontana, la coltura ha tradizione plurisecolare, come risulta dagli annali della Repubblica di Venezia; le registrazioni più interessanti riguardano le forniture di primizie perché il Doge potesse onorare la festa del patrono San Marco, il 25 aprile, con il piatto primaverile per antonomasia, ”risi e bisi”.
  • Caratteristiche
La produzione riguarda per lo più il territorio di Borso del Grappa e in particolare i versanti pedemontani meglio esposti, che gli agricoltori rendevano disponibili predisponendo delle terrazze (“margiere”) sostenute da muretti di pietra a secco. Questo accorgimento consentiva un raccolto particolarmente precoce, che rappresentava uno dei punti di forza della produzione di Borso. All’ origine della fama del prodotto, tuttavia, sono quelle caratteristiche di consistenza e dolcezza superiori alla media, dovute alla felicissima realtà pedoclimatica del luogo. Le sorti del prodotto sono seguite dall’ Associazione Bisicoltori di Borso del Grappa, costituita nel 1980.
RICETTA
Tagliatelle con i piselli
 
400 g di tagliatelle all ’uovo
250 g di bisi di Borso già spadellati
20 g di pancetta dolce
1 cipolla, prezzemolo tritato
olio extravergine d’ oliva, grana padano
sale e pepe
Soffriggete senza aggiunta dl grassi la pancetta a cubetti, unitevi la cipolla tritata finemente e fatela soffriggere dolcemente in un’ampia padella assieme a pochissimo olio. Aggiungete i piselli e fate cuocere a fuoco vivace per 10′ circa. Aggiustate di sale e pepe e concludete a fine cottura con una spolverata di prezzemolo tritato.
Cuocete le tagliatelle in abbondante acqua salata e bollente, quindi scolatele al dente e fatele saltare in padella con i piselli e un poco di acqua di cottura, spolverate con grana padano.
ACQUISTO
La raccomandazione è quella di recarsi in loco per rifornirsi all’origine, presso i produttori. Altrove, accertarsi che le confezioni riportino il marchio di qualità “Biso de Borso”, riconosciuto dalla Camera di Commercio di Treviso.
STAGIONALITA’
Il prodotto è disponibile dalla fine di aprile ai primi di giugno. Da segnalare, la manifestazione gastronomica Biso e Verdiso, che abbina ricette tradizionali e creative al vino bianco frizzante tipico della Pedemontana del Grappa.
CONSERVAZIONE
L’ortaggio in baccello resiste meglio del prodotto sgranato, che comunque si adatta a diversi giorni di permanenza in frigorifero. Altre modalità: la surgelazione, molto efficacie; la conserva al naturale, previa bollitura, di facile attuazione domestica.
Fagiolo Borlotto Nano Levada
  • Origini e storia
I fagioli della famiglia dei borlotti giungono in Veneto verso il 1530 grazie al feltrino Pietro Valeriano,l funzionario del papa Clemente VII: i legumi, giunti pochi anni prima dalle Americhe, sono una curiosità botanica che il re di Spagna propone al pontefice, foriera di una piccola rivoluzione alimentare. Dall’altopiano di Lamon, nella media valle del Piave, dove il fagiolo s’ambienta a meraviglia, è questione di poco passare nella Pedemontana Trevigiana per trovare ambienti altrettanto vocati. Questo vale per Levada, località dell’odierno comune di Pederobba, che sulla tradizionalità della quale vigila un’apposita Confraternita del Fagiolo.
  • Caratteristiche
II fagiolo di Levada presenta baccelli lunghi tra i 15 e i 17 cm, appiattiti e screziati di rosso su un fondo bianco crema. I fagioli all’interno variano in numero da sei a otto e si presentano di buone dimensioni, rotondeggianti e allungati, con una caratteristica buccia molto sottile di colore bianco screziato di rosso. Con la cottura produce un brodo chiaro e acquista un sapore delicato. La produzione è diffusa nei comuni di Pederobba, Cavaso del Tomba, Possagno, Cornuda e Crocetta del Montello.
RICETTA
Pasta e fagioli
 
500 g di fagioli borlotti nani Levada freschi
100 g di ditalini, 100 g di formaggio Piave stravecchio
1 costa di sedano, 1 cipolla rossa, 1 carota, 3 patate
alloro, salvia, rosmarino
30 g di lardo, sale e pepe
Scottate i fagioli in acqua bollente per alcuni minuti, quindi scolateli. Mondate e lavate le verdure, tritatale grossolanamente e soffriggetele in una pentola con poco olio, il lardo e gli aromi. Aggiungete i fagioli e coprite con dell’acqua lasciando cuocere ancora per un paio d’ore, quindi passate il tutto col mixer. Riportate a bollore il passato, aggiustate di sale e cuocetevi la pasta. E’ preferibile servire la pasta e fagioli il giorno dopo la preparazione. Si può inoltre servire con una macinata di pepe nero e una spolverata di piave stravecchio grattugiato.
ACQUISTO
Occasioni favorevoli per l’acquisto sono le fiere che si tengono nelle località della Pedemontana e del Montello, come nel caso della Festa del Fagiolo di Covolo di Piave, ai primi di settembre. La garanzia d’origine è affidata ai singoli produttori.
STAGIONALITA’
Per l’uso immediato il fagiolo di Levada è disponibile fresco, in baccello o sgranato, nei mercati locali dalla fine di luglio a settembre inoltrato. Nel resto dell’anno il prodotto è disponibile secco, sfuso o confezionato, da conservare in condizioni idonee.
CONSERVAZIONE
La granaglia fresca può essere conservata previo surgelamento, dopo averla porzionata entro appositi sacchetti. Meglio ancora surgelare il prodotto cotto o sbollentato. A livello domestico può essere attuata anche la tradizionale pratica dell’ essicazione al sole.
Fasol De Lago (Pag. 19)
  • Origini e storia
Questo legume prende nome dalla località di Lago, che con la vicina Revine dal 1866, anno di annessione del Veneto al Regno d’Italia, forma il comune di Revine Lago. Il territorio comunale si stende dal fondovalle, dove in effetti sono due gli specchi d’acqua, al versante meridionale della dorsale prealpina che divide Treviso da Belluno. Questo è il quadro di una produzione orticola di nicchia – estesa anche a Cison di Valmarino, Follina, Miane e Tarzo – nella quale eccelle il fagiolo, tradizionalmente consociato al mais. La tecnica di coltivazione si ispira a pratiche tradizionali, con concimazione preferibilmente a base di letame e lotta alle avversità in linea di principio senza ricorso a prodotti chimici.
  • Caratteristiche
E’ una varietà di fagiolo cannellino localmente identificato come ”Mama Alta” o  “Bonel”. Trattasi di una pianta rampicante di levatura media alta, i cui fiori di colore bianco compaiono attorno ai 20 cm dal suolo a circa 60 giorni dalla semina. I baccelli misurano 12-14 cm e contano 6-7 semi. II fagiolo secco si presenta con foggia piuttosto allungata, leggermente appiattita e con colore che va dal crema al marrone chiaro uniforme. Ha dimensioni medie: lunghezza 17,5 mm, spessore 0,7 mm, peso del seme 0,6 g.
RICETTA
Ristretto di fagioli e cozze
800 g di fasoi de Lago, 500 g di cozze fresche, 50 g di lardone
40 g di cipolla rossa, 2 coste di sedano
olio extravergine d ‘oliva, 1/2 bicchiere di vino bianco
timo fresco, 1 spicchio d’aglio, sale e pepe
Pulite e lavate le cozze. Trasferitele in un’ampia pentola con aglio e olio, mettete il coperchio e cuocetele per 5′, finché non si saranno tutte aperte. Filtrate e conservate il fondo di cottura. Cuocete i fagioli a vapore (o, bolliteli) portandoli fino a metà cottura. Nel frattempo, mondate la cipolla, lavate il sedano e tritateli, per farli infine rosolare in padella con l’olio, il timo e il lardone. Unite i fagioli al soffritto e fate cuocere per 3′. Passate i 2/3 dei fagioli al mixer, fino a ottenere una densa crema. Versate un mestolo di ristretto nel fondo di ciascun piano, disponetevi attorno le cozze sgusciate e concludete con i fagioli lasciati interi. Condite il tutto con il fondo di cozze e guarnite con un ciuffo di prezzemolo.
ACQUISTO
II Fasol de Lago si trova in commercio in ogni stagione dell’anno come granaglia secca. Il confezionamento è per Io più in sacchetti di tessuto traspirante muniti di etichetta comprovante l’origine del prodotto.
STAGIONALITA’
La raccolta del prodotto secco inizia nel mese di settembre e continua fino ai primi di novembre. Ricercato per il gusto delicato e la buccia particolarmente tenera, trova ideale impiego nella preparazione di zuppe minestre e umidi.
CONSERVAZIONE
Il prodotto, di norma essiccato sulla pianta, viene raccolto, sgranato e sottoposto a surgelazione per disattivare le uova di un coleottero, il tonchio. Che tende a svilupparsi a danno dei legumi. Così trattati, i fagioli si conservano in ambiente adeguato da una stagione all’altra.
Funghi coltivati del Montenello (Pag. 20)
  • Origini e storia
Il Veneto, regione ricca di funghi spontanei, può dirsi in posizione invidiabile anche in materia di fungicoltura. Pioniere dell’ attività, ai primi del Novecento, fu infatti il vicentino conte Giulio Da Schio, anche se promotore dell’ innovativa coltura in grotta in quel di Costozza, nei Colli Berici, fu suo figlio Alvise,
primo laureato d’ Italia in micologia nel 1932. Più recente è la realtà del Montello, avviata negli anni Cinquanta nei comuni di Venegazzù e Paese, e giunta in breve a coprire la metà della produzione nazionale.
  • Caratteristiche
La tecnica di coltivazione richiede un substrato naturale da inoculare con spore fungine, di modo che in adeguate condizioni di temperatura, umidità e illuminazione i funghi possano svilupparsi fino a taglia commerciale. Le specie di primario interesse sono: il prataiolo (Agaricus bisposrus), di colore bianco sporco, familiare a tutti come “champignon”, adatto anche al consumo crudo; il gelone (Pleurotus ostreatus), localmente detto “brisa”, d’ampio cappello e adatto alla griglia; il pioppino (Pholiota aegerita), riunito in caratteristiche famigliole, da cucinare in umido. II comparto registra la maggiore concentrazione nei comuni di Paese, Trevignano, Carbonera, Vedelago, Pederobba, Moriago e Istrana.
RICETTA
Crespelle ai funghi
8 crespelle, 600 g di funghi del Montello
2 cucchiai di prezzemolo tritato, 2 cucchiai di olio di oliva
1 spicchio di aglio, 300 g dl salsa besciamella
50 g di robiola, 200 ml di panna, 50 g di burro
2 cucchiai di parmigiano reggiano, foglioline di maggiorana, sale
Pulite bene i funghi, tagliateli a fettine e fateli saltare per circa 5′ in una padella con olio, prezzemolo e uno spicchio d’aglio. Aggiungeteli poi alla besciamella in cui avete sciolto la robiola. Mescolate aggiungendo la panna in modo che il composto risulti cremoso. Spalmate su ogni crespella un po’ del ripieno dl funghi, poi piegatela in quattro. Adagiate le crespelle in una pirofila imburrata; sovrapponendole leggermente, versateci sopra la besciamella ai funghi che avete avanzato, aggiungete qua e là dei fiocchetti di burro, cospargete con il formaggio grattugiato e infornate a 180° per circa 15’. Servite subito decorando con foglioline di maggiorana.
ACQUISTO
Le aziende sono organizzate in modo da avviare il ciclo produttivo dei funghi in funzione dei prevedibili andamenti stagionali, rifornendo giorno per giorno i mercati di prodotto confezionato in cestello o cassette.
STAGIONALITA’
La produzione, stante l’ambiente artificiale, non conosce sosta, anche se maggiore è la richiesta del mercato autunnale, quando la ristorazione trevigiana propone piatti d’ogni genere a base di funghi spontanei e coltivati.
CONSERVAZIONE
I funghi, se mantenuti nelle confezioni d’origine che ne preservano l’umidità, hanno discreta resistenza e si conservano in frigorifero come gli altri ortaggi. Una volta cotti, possono essere surgelati senza alcun problema.
 
Mais Biancoperla
  • Origini e storia
Tra i prodotti del Nuovo Mondo il mais (Zea mais) è quello che in Veneto ha avuto maggiore influenza sull’alimentazione quotidiana per la perfetta acclimatazione della pianta all’ambiente di pianura. Qui la polenta di mais è diventata sostitutivo del pane: essere preparata sia morbida, “al cucchiaio”, o più consistente, tanto da poterla tagliare con un filo; all’indomani, sempre a fette, può essere abbrustolita sulla griglia. Chi associa la farina di mais al giallo, tuttavia, in Veneto dovrà considerare anche il bianco, specie nel settore orientale, dove ha messo radici il mais Biancoperla.
  • Caratteristiche
ll mais Biancoperla è un insieme di popolazioni locali a impollinazione libera. Attualmente sono coltivate e conservate dall’Associazione Conservatori Mais Biancoperla, costituita grazie all’Istituto  “Strimpelli” di Lonigo e con sede presso l’Istituto Agrario “Sartor” di Castelfranco. Le piante sono molto alte, con ciclo medio-lungo; le pannocchie affusolate e lunghe, con grandi chicchi vitrei o semi vitrei dal colore perlaceo. Con la farina, ottenuta da macinazione a pietra, si prepara una polenta bianca, fine e dal sapore delicato, detta comunemente “di Treviso”, ma in effetti diffusa dal Padovano alla laguna di Venezia, con abbinamenti variabili dallo spiedo di uccelli alle sarde in saor.
RICETTA
Schile di sacca fritte su polentina bianca
1 I di acqua
250-300 g di farina di mais Biancoperla, 8 g di sale
800 g di schile (gamberi grigi)
200 g di farina, olio per friggere, sale
Portate a ebullizione l’acqua e quando sta per bollire versate il sale. Fate cadere a pioggia la farina di mais Biancoperla mescolando vigorosamente con la frusta. Lasciate cuocere la polenta a fuoco lento, mescolando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno per almeno 40′. A fine cottura alzate il fuoco e mescolate in continuazione per 3 – 4’, quindi togliete dal fuoco e scodellatela.  Infarinate e setacciate le schile per eliminare la farina In eccesso. In una padella scaldate bene l’olio e friggetevi le schile fino a quando non diventano belle rosse, scolatele e salatele. Servite le schile su un piatto da portata, su un letto di morbida polenta bianca.
ACQUISTO
II mais Biancoperla è tutelato da un presidio Slow Food. I produttori trevigiani sono: l’ Istituto Sartor di Castelfranco Veneto e le aziende R. Ballan di Castelfranco Veneto, G. Gazzola di Vedelago. Le Sorgenti di Godega di Sant’Urbano e Tenuta Ca’ Tron di Roncade.
STAGIONALITA’
Il nuovo raccolto è disponibile verso la fine dell’estate. La granaglia, tuttavia, può essere immagazzinata in ambienti appositi e avviata alla macinazione secondo richiesta del mercato nel corso dell’anno.
CONSERVAZIONE
In ambiente idoneo la farina, specie se confezionata sotto vuoto, ha diversi mesi di vita a scaffale. Minore resistenza ha invece la farina integrale, per via della componente grassa che le deriva dal germe.
Patata americana di Zero Branco
  • Origini e storia
L’appellativo di patata “americana” si riferisce al fatto che sia stato Io stesso Cristoforo Colombo a portarla in Europa a bordo delle sue caravelle, ben prima della patata propriamente detta, originaria invece delle Ande. Nome scientifico Ipomea batata, è una tuberacea che sviluppa una parte aerea con foglie cuoriformi e fiori porporini; le radici carnose hanno polpa leggermente dolce, con retrogusto di castagna, e consistenza più viscosa della normale patata. Disponibile da agosto a dicembre, la si acquista come frutto autunnale per consumarla lessata, ma non mancano preparazioni più complesse, come gli gnocchi, conditi con sughi saporiti per compensarne la dolcezza.
  • Caratteristiche
La coltura ha come riferimento nominale il comune di Zero Branco, ma in effetti interessa anche il centro di Morgano. Se suolo e clima sono favorevoli, come nella suddetta zona, la coltura della patata americana non richiede che un’adeguata lavorazione del terreno e una concimazione organica. Ortaggio alquanto rustico, nel giro di pochi mesi porta a maturazione tuberi allungati, con forma a pera, di peso compreso tra i 50 e i 150 g. Caratteristica del prodotto trevigiano sono la consistenza e la dolcezza della polpa, difficilmente ottenibili altrove.
RICETTA
Pinza di patate americana 
 
2 kg di patate americane di Zero Branco
500 g di farina, 500 g di zucchero
la scorza di 1 limone e di 1 arancia
un pizzico di sale, burro
in aggiunta e a piacere: uvetta, fichi secchi, mele a fettine
Lessate le patate, sbucciatele e passatele ancora calde allo schiacciapatate. Versate sul purè di patate così ottenuto, poco per volta, la farina e lo zucchero e lavorate il tutto con cura e lungo. Infine, unite all’impasto il sale, le bucce di limone e di arancia grattugiate e gli altri ingredienti scelti e amalgamate bene il tutto. Versate il composto in una teglia rotonda precedentemente unta con il burro e ponete in forno già caldo a 180°: lasciate cuocere fino a quando sulla superficie si sarà formata una leggera crosta di un bel colore dorato.
ACQUISTO
Il mercato di Treviso è il punto di rifermento della distribuzione di un prodotto che in larga parte supera i confini provinciali. Localmente, la patata americana è presenza discreta ma immancabile negli scaffali dell’ortofrutta.
STAGIONALITA’
La patata americana è disponibile sul mercato nei mesi di agosto, settembre, ottobre e novembre. Ne approfitta la ristorazione tipica per coinvolgerla nelle proposte di stagione, specie sotto forma di primi piatti contorni e dolci.
CONSERVAZIONE
Le attenzioni sono le stesse riservate alla normale patata: ambiente fresco e ventilato, con particolare attenzione alla protezione dalla luce per evitare il germogliamento delle gemme che punteggiano la buccia.
Patata del Montello (pag. 23)
  • Origini e storia
II successo della patata ha seguilo strade tortuose: dalle terre d’origine del Sud America alla Spagna e da qui nel resto d’Europa passando attraverso orti botanici, come quello di Padova, e porti marittimi, com’è capitato a Venezia. Queste due circostanze hanno fatto del Veneto una delle regioni italiane di più precoce impegno nel settore, dalle grandi coltivazioni di pianura alle piccole realtà di montagna. Il Montello, la dorsale verdeggiante che s’innalza a ovest del fiume Piave, nell’Alta Marca Trevigiana, è fin dal tardo Ottocento uno degli ambiti più favorevoli a questa coltura.
  • Caratteristiche
La produzione riguarda i comuni di Crocetta del Montello, Giavera del Montello, Nervesa della Battaglia, Volpago del Montello e Montebelluna, e per la precisione le frazioni di Biadene, Caonada, Venegazzù, Selva, Bavaria, Santa Croce, Santa Maria della Vittoria, Pederiva e Santi Angeli, dove si realizza una combinazione pedoclimatica ideale per la produzione delle varietà più rinomate (Lisetta, Monnalisa, Desirèe, Bintje, Kennebec ecc). La coltivazione è di tipo tradizionale — concimazioni organiche e controllo di malerbe e parassiti senza ricorso a prodotti chimici — in ottemperanza a un disciplinare messo a punto dal gruppo Amici Bosco Montello.
RICETTA
Crocchelle di patate al prezzemolo
1,2 kg di palate del Montello, 150 g di pangrattato
100 g di grana padano grattugiato, 6 uova, abbondante prezzemolo tritato, farina, noce mascara, sale e pepe
Lavate e cuocete le patente in acqua salata per 30’ a fuoco moderato;
scolatele e lasciatele intiepidire, passatele allo schiacciapatate, unitevi quattro tuorli (tenendo da parte gli albumi, il prezzemolo, il grana, salate e pepate; profumate con poca noce moscata grattugiata e mescolate bene. Con le mani formate delle crocchelle lunghe circa 5 cm 0 del diametro di 2 cm a infarinatele; disponetele su un piano e spolverate di farina. Sbattete in una ciotola le due uova rimaste assieme agli albumi tenuti da parte, salate appena; immergetevi le crocchelle, una a una, e impanatele nel pangrattato. Friggete le crocchelle in olio bollente, sgocciolatele su carta assorbente e servitele ben calde.
ACQUISTO
Le patate del Montello – confezionate in sacchi da 5, 15 e 30 kg – vengono messe in commercio per lo più in comuni d’origine sotto marchio registrato, nella prospettiva del riconoscimento comunitario dell’Igp.
STAGIONALITA’
La produzione riguarda varietà precoci, medie e tardive, ragion per cui il nuovo raccolto raggiunge i mercati dall’estate all’autunno inoltrato. Da segnalare, nella prima decade di settembre, la Festa della Patata di Montebelluna.
CONSERVAZIONE
Le patate non hanno particolari esigenze: basta conservarle in ambiente di cantina ben areato, proteggendole dalla luce per evitare quella germogliazione che compromette la migliore resa culinaria dei tuberi.
Patata del Quartier del Piave (Pag. 24)
  • Origini e storia
La denominazione di Quartier del Piave rimanda alla Repubblica di Venezia e si riferisce a uno dei quattro distretti che a quell’epoca componeva la Podesteria di Treviso. In termini geografici si tratta della pianura compresa tra il fiume Piave e le colline tra Valdobbiadene e Conegliano, ricadente per amministrazione negli attuali comuni di Vidor, Moriago, Farra di Soligo, Sernaglia, Pieve di Soligo e Refrontolo. Tra Otto e Novecento la zona acquista interesse per la coltura della patata per via dei suoi tipici suoli rossastri — i cosiddetti “ferretti”, ricchi di ossidi di ferro, generati dal disfacimento delle rocce calcaree — particolarmente adatti a tal fine.
  • Caratteristiche
La produzione è concentrata nel triangolo che ha per vertici Moriago, Vidor e Sernaglia e riguarda diverse tra le più note varietà di patate, come Spunta e Monnalisa. Al pregio degli ortaggi contribuisce senza dubbio una pratica colturale ispirata alla tradizione:  scrupolosa selezione della semente; preparazione dei terreni con lavorazioni meccaniche; concimazione esclusivamente organica; diserbo senza ricorso a prodotti chimici; trattamenti antiparassitari limitati ad applicazioni di poltiglia bordolese (solfato di rame misto a calce), di ben noto utilizzo nei vigneti.
RICETTA
Timballo di patate primavera
100 g di patate del Quartier del Piave, 2 cucchiai di grana grattugiato
1 uovo, noce moscata, sale e pepe, 300 g di bocconcini di pollo
1 carota, 1 zucchina, 2 asparagi, 150 g di piselli
50 g di bruscandoli (luppolo selvatico), olio extravergine d’oliva, sale 
Lavate le palate e bollitele in abbondante acqua; quando saranno cotte, scolatele, sbucciatele e passatele allo schiacciapatate. Unitevi il grana, |’uovo, il sale, il pepe e In noce moscata o amalgamate il tutto fino a ottenere un composto omogeneo. Versate il composto in quattro stampini imburrati e cucinate a bagnomaria per 5′. Lavate i bruscandoli e cuoceteli in acqua bollente; scolateli e disponeteli su un piano. Mondate, lavate e riducete in dadolata la carota ce la zucchina. Fate rosolare il pollo con un filo d’olio; unitevi le verdure e i piselli e cuocete a fuoco vivace. Servite su ogni piano un timballo con alcuni cucchiai di ragiù di pollo; concludete con i bruscandoli e degli asparagi bolliti tagliati in lunghezza.
ACQUISTO
La commercializzazione avviene in sacchi di vario peso sotto il marchio di Patata del Quartier del Piave. Occasione per entrare in contatto diretto con i produttori è la Festa della Patata due si tiene a Ferragosto a Moriago.
STAGIONALITA’
La patata del Quartier del Piave esordisce sul mercato nella tarda estate con le varietà precoci, cui subentrano progressivamente altre varietà. Parallelamente procede la stagione degli gnocchi in varia salsa, dal tartufo nero ai funghi, dal piccione alla lepre.
CONSERVAZIONE
Un modo per dilatare a piacere la stagione delle patate è preparare una scorta di gnocchi nella stagione di mercato più propizio; surgelati in studiate porzioni, si conservano a lungo senza perdere alcun che della loro bontà.
Peperone di Zero Branco (pag. 25)
  • Origini e storia
Dalle zone di origine, il Centro a Sud-America, il peperone (Caspicum annuum) è giunto in Spagna al seguito di Cristoforo Colombo e da qui si è diffuso tanto nel Vecchio Continente, dove fino ad allora il pepe era la spezia piccante più diffusa, quanto nelle colonie asiatiche guadagnandosi un ruolo primario nella cucina di tanti paesi. Nella fascia mediterranea è prevalente l’uso delle varietà dolci, utilizzata a crudo nelle insalate o per piatti in umido come la peperonata cha accomuna varie regioni italiane, dal Piemonte al Veneto, fino alla Sicilia. A Zero Branco la coltura dal peperone ha origini antiche ad è favorita dalla particolarità della condizioni climatiche.
  • Caratteristiche
Nel Trevigiano la varietà di riferimento era il rinomato Quadrato d’Asti, caratterizzato da una forma cubico-allungata, che tuttavia e stata negli anni sostituita con altre varietà che fanno comunque sempre capo allo stesso tipo di ortaggio, selezionate per ottenere il meglio dall’ambiente fresco e ricco d’acqua della zona di produzione. II peperone di Zero Branco si presenta molto carnoso, di notevole peso specifico e di aspetto regolare, assai omogeneo. Il colore è giallo brillante. II sapore è dolce e non deve essere piccante.
RICETTA
Canapés con mousse di peperoni e sedano verde
 
200 g di peperoni di Zero Branco, 200 g di sedano verde
150 g di burro, 80 g di panna fresca, 2 scalogni, olio extravergine d’oliva
200 g di pane per tramezzini, brodo vegetale, sale e pepe
Pelate il sedano e tagliatelo sottile. Rosolate in una casseruola lo scalogno tritato con poco olio, aggiungete 150 g dl sedano, insaporite con sale e pepe e bagnare con poco brodo. Terminate la cottura togliete dal fuoco e scolate. Mettete il sedano nel cutter, frullate fino a ottenere una purea e passatela al setaccio. Montate nel cutter la purea con 80g di burro, 40g di panna, sale e pepe. A parte sbucciate i peperoni, insaporiteli in una casseruola con Io scalogno, sale e pepe, frullateli e montateli nel cutter con il burro e la panna rimasti. Ricavate dal pane dei dischi di 3 cm e tostateli in forno. Con il sac à poche mettete le due mousse su ciascun disco e guarnite sopra con del sedano tagliato sottile e scottato leggermente in padella con poco olio.
ACQUISTO
Prodotto di facile reperibilità sul mercato provinciale. Ottima occasione per entrare in contatto diretto con i produttori e la popolare Festa del Peperone che ogni anno, tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, si tiene a Zero Branco.
STAGIONALITA’
La produzione del peperone di Zero Branco viene avviata in serra e in pieno campo, con semine scaglionate nel tempo di modo che i commercianti possano averne disponibilità da giugno a settembre.
CONSERVAZIONE
Il prodotto fresco si conserva qualche giorno in frigorifero. Una volta cotto, può essere surgelato, anche se con una certa perdita di consistenza della polpa. Abbastanza diffusa, la conservazione sott’aceto o al naturale.
Radicchio Rosso di Treviso Igp
  • Origini e storia
I “radicchi” fanno parte della famiglia delle cicorie, derivate dalla specie selvatica Cichorium intybus che allieta gli incolti con i suoi fiori azzurri. Risale al XV secolo la coltura delle prime varietà di radicchio a foglia rossa, probabilmente d’importazione orientale, e fin dalla seconda meta dell’ Ottocento il Veneto, e
in particolare la provincia di Treviso, ne hanno fatto produzione rilevante e di fatto esclusiva. ln particolare quel che rende questo ortaggio trevigiano unico nel suo genere e la pratica della cosiddetta “forzatura”, applicata alle varietà invernali, che con un artificio del tutto naturale — l’accumolo fuori terra, sotto teloni — vengono stimolate a emettere foglie più: croccanti e saporite. A testimonianza del ruolo del radicchio nella tradizione gastronomica trevigiana e da segnalare uno dei piatti più popolari della valle del Piave, “radici e fasioi”, oggi (valorizzato da un’apposita confraternita gastronomica, consistente in un’ insalata di radicchio rosso, guarnita con una passata di fagioli e un soffritto di lardo, sostituito nella versione odierna da olio extra – vergine d’oliva. A dare il sigillo ufficiale a questa realtà fu l’ agronomo Giuseppe Benzi, che nel 1900 si fece promotore della Prima Mostra del Radicchio, tenutasi il 20 dicembre sotto la Loggia di Piazza dei Signori a Treviso, mentre il riconoscimento più recente e il marchio dell’indicazione Geografica Protetta (Igp), concesso dalla Comunità Europea nel luglio 1996.
  • Caratteristiche
La produzione di radicchio rosso interessa una trentina di comuni della provincia di Treviso (Breda di Piave, Carbonera, Casale sul Sile, Casier, Castelfranco Veneto, Castello di Godego, lstrana, Loria, Maserada sul Piave, Mogliano Veneto, Monastier, Morgano, Paese, Ponzano Veneto, Preganziol, Quinto di Trevi-
so, Resana, Riese Pio X, Roncade, San Biagio di Callalta, Silea, Spresiano, Trevignano, Treviso, Vedelago, Villorba, Zenson di Piave, Zero Branco) e una dozzina d’altri comuni limitrofi delle province di Padova e Venezia.
Le tipologie previste sono due:
  • Il  Radicchio Rosso precoce, caratterizzato da foglie con nervatura principale molto accentuate: di colore bianco che si dirama in molte piccole penninervie nel rosso intenso del lembo fogliare notevolmente sviluppato. Il cespo e voluminoso — 18-25 cm di lunghezza, 150 g dl peso minimo — allungato e ben chiuso con modesta porzione di radice. II sapore della foglia è leggermente amarognolo e di consistenza mediamente croccante.
  • Il Radicchio Rosso tardivo, detto anche “spadone”, si presenta con germogli regolari, uniformi e dotati di buona compattezza. Le foglie sono serrate, tendenti alla chiusura nella parte apicale; il lembo fogliare ha colore rosso vinoso con costola dorsale bianca. Il cespo senza fittone ha diametro minimo al colletto di 3 cm, lunghezza di 15-25 cm e peso minimo di 100 g; la radice è proporzionata a esso, ma mai superiore a 6 cm. Il sapore della foglia è amarognolo e croccante nella consistenza.
RICETTA
Quiche di Radicchio Rosso di Treviso Igp al caprino fresco
800 g di radicchio rosso di Treviso, 400 g di pasta brisée
per il ripleno: 200 g di formaggio caprino fresco, 200 g di fontina
4 uova, 1 dl di panna fresca, 1 dl di latte, olio essenziale al tartufo
50 g di grana padano grattugiato, sale e pepe
Lavate il radicchio, asciugatelo e tagliatelo a piccoli pezzi. Fatelo appassire velocemente in una padella, con un filo d’olio, condite con sale e pepe. Con un matterello stendete la pasta e foderate uno stampo antiaderente di circa 30 cm dl diametro. La pasta restante servirà per confezionare le strisce da porre a mo’ di crostata. Una volta raffreddato, distribuite il radicchio sulla tortiera. Riducete i formaggi in pezzettini e sistemateli su tutta la tortiera. ln una ciotola confezionare l’appareil, mescolando uova, panna e latte, sale e pepe e grana grattugiato. Versale l’appareil nella tortiera. Decorate con le striscioline di pasta avanzate e infornate a 180° per circa 40 – 50’.
ACQUISTO
I Radicchio Rosso di Treviso è prodotto ubiquitario e inconfondibile per via del marchio Igp. Da segnalare le numerose manifestazioni gastronomiche, a partire dall’antica Mostra del Radicchio Rosso di Treviso, che si tiene a Treviso normalmente il weekend prima di Natale.
STAGIONALITA’
La raccolta del Radicchio Rosso Precoce ha inizio il primo di settembre; quella del Tardivo, il primo di novembre (dopo che abbia subito almeno due brinate), anche se, considerata la fase di imbianchimento, non raggiunge i mercati prima della metà del mese. A partire da queste date, il mercato viene fornito con continuità per diversi mesi, fin quasi a primavera.
CONSERVAZIONE  
Come tutti gli ortaggi in cespo, il Radicchio Rosso di Treviso ha buoni margini di conservazione, favorito anche dal mantenimento di parte del fittone. Il prodotto, cotto specie se stufato si presta al surgelamento.
Radicchio Variegato di Castelfranco Igp (pag. 28)
  • Origini e storia
Il Radicchio Variegato di Castelfranco ha storia molto simile a quella del ”cugino” di Treviso: medesime le radici storiche, che rimandano allo sviluppo agricolo dei domini di terraferma della Repubblica di Venezia; stretta la parentela botanica, a eccezione della forma del cespo, che in questo caso è globosa, e del colore più chiaro delle foglie; analoga, anche la pratica agronomica, che prevede la cosiddetta “forzatura”, ovvero la raccolta anticipata e l’accumulo sotto teloni, di modo che nel cuore dell’ortaggio si formi un grumolo di foglie novelle, di sapore delicato e consistenza croccante. Dopo la tolettatura, che elimina le foglie avvizzite
dal freddo, quel che resta e un germoglio che si merita l’appellativo di “fiore d’inverno”, una sorta di rosa dai pelali color crema screziati di rosso.
La produzione del Radicchio, sia Rosso di Treviso che Variegato di Castelfranco; rappresenta una delle più interessanti realtà dell’orticoltura italiana sia per |’avanzata politica d’immagine che per l’amplissimo riscontro gastronomico, Il radicchio offre una delle immagini più accattivanti della cucina veneta sia per la nota di colore che accende sulle tavole invernali sia peri molteplici usi che i cuochi ne fanno, crudo 0 cotto, giocando con la sua delicata nota d’amaro: insalate e antipasti, risotti e paste ripiene, contorni brasati e grigliati, perfino dolci e liquori. Comprovate le sue virtù salutari: consumato a crudo e ricco di sali minerali e vitamine; diuretico e depurativo, favorisce il transito intestinale; facilmente digeribile, stimola le funzioni epatiche e biliari; di proprietà leggermente sedative, allevia l’insonnia.
  • Caratteristiche – pag. 29
La zona di produzione del Radicchio Variegato di Castelfranco lgp comprende 25 comuni trevigiani (Breda dl Piave, Carbonera, Casale sul Sile, Casier, Castelfranco Veneto, Castello di Godego, lstrana, Loria, Maserada sul Piave, Mogliano Veneto, Morgano, Paese, Ponzano Veneto, Preganziol, Quinta di Treviso, Resana, Riese Pio X, San Biagio cli Callalta, Silea, Spresiano, Trevignano, Treviso, Vedelago, Villorba e Zero Branco) e altri
d’area limitrofa nelle province di Padova e Venezia. II disciplinare di produzione Igp descrive il Radicchio Variegalo di Castelfranco come ortaggio in cespo di diametro minimo di 15 cm e peso non inferiore ai 100 g; partendo dalla base si ha un giro di foglie piatte, un secondo giro di foglie più sollevate, un terzo giro ancora più inclinato e così via fino ad arrivare al cuore. Dopo la tolettatura il cespo conserva parte del fittone, ma in misura non superiore ai 4 cm. Il colore delle foglie è bianco—crema con variegature distribuite in modo equilibrato su tutta la pianta fogliare di tinte diverse dal viola chiaro al rosso vivo. Il sapore delle foglie è dal dolce al gradevole amarognolo molto delicato.
RICETTA
Coscia di coniglio al Radicchio Variegato di Castelfranco
300 g di radicchio variegato di Castelfranco brasato
4 cosce disossate di coniglio, 8 fette di lardo aromatico
gli ossi del coniglio, poca farina e un poco di brodo vegetale
olio extravergine d’oliva, sale e pepe
Preparate quattro fagottini con il radicchio brasato avvolto nelle fettine di lardo. Disossate le cosce di coniglio, mantenendone la forma, e farcitele con un fagottino di radicchio ciascuna. Salate, pepate e chiudete ogni coscia in un cartoccio d’alluminio;  legate con Io spago da cucina o cuocetele in forno a 130° per 25′. Togliete dal cartoccio e rosolate le cosce in padella per alcuni minuti con un velo d’olio. Preparate la salsa: tostate gli ossi del coniglio in una teglia can dell’olio in forno fino a quando avranno rilasciato una sorta di “caramello”. Infarinatale, rimestate e bagnate con un paio di
mestoli di brodo vegetale mescolate, fate addensare e passate al colino. Servite le cosce con polenta grigliata e qualche cucchiaio di salsa.
ACQUISTO
Ortaggio di facile reperibilità commerciale, garantito dal marchio Igp. Da non mancare, l’appuntamento
Gastronomico con la Mostra del Radicchio Variegato di Castelfranco, che ha luogo a Castelfranco Veneto a metà dicembre.
STAGIONALITA’
La raccolta inizia ufficialmente il primo di ottobre, ma l’accortezza dei produttori, che procedono con semine scalari, consente al consumatore di poter disporre del Radicchio Variegato di Castelfranco fino a marzo.
CONSERVAZIONE
Per prolungare la freschezza si consiglia di conservarlo al riparo da fonti luminose. Il consumo, prevalentemente da crudo, limita il ricorso alla surgelazione.
Radicio verdòn da cortèl (pag. 30)
  • Origini e storia
Ortaggio rustico appartenente al grande gruppo delle cicorie o radicchi, oggetto di raccolta e consumo da tempo immemorabile. Per quanto imparentato con i nobili radicchi dl Treviso e Castelfranco, non vanta una località d’adozione, ma può dirsi patrimonio popolare della Marca Trevigiana. Prima cha qualcuno pensasse di coltivarlo, infatti, Io si cercava nei prati, lungo i trosi (ossia i filari di viti) non appena la primavera stemperava le giornate, da qui il nome di “radicio da cortèl”, o  “radicio da troso”, con evidente riferimento alla modalità e al luogo di raccolta.
  • Caratteristiche
La produzione interessa i comuni di Casale sul Sile, Casier, Istrana, Monastier, Paese, Penzano Veneto, Preganziol, Quinto di Treviso, Roncade, San Biagio di Callalta e Zero Branco. Questo radicchio forma una resetta di foglie dl colore verde intense del diametro di 7-8 cm, progressivamente più chiare verso il centro fin quasi al bianco. La semina avviene tra agosto e settembre, ma il momento cruciale del ciclo vegetativo arriva con il gelo che avvizzisce le foglie esterne stimolando alle soglie della primavera la formazione di un grumolo interne con foglie mediamente croccanti, di sapore fresco, gradevolmente erbacee e
lievissimamente amarognole.
RICETTA
Radicio Verdòn da cortèl al lardo
300 g di radicio verdòn da cartèl
80 g di lardo
aceto di vino rosso
sale e pepe in grani
Mondate e lavate il radicchio e disponetelo in una insalatiera. Soffriggete lentamente in una padella antiaderente il lardo tagliato a pezzettini. Versatelo caldo sul radicchio e condite con una spruzzata di aceto, un pizzico di sale e una macinata di pepe.
Mescolate bene e service subito.
ACQUISTO
Verdura alquanto popolare a livello provinciale, non manca mai sui banchi dei mercati trevigiani. Da segnalare la mostra mercato del radicio vèrdon che si tiene a Roncade la seconda domenica di marzo con
sorprendente cornice gastronomica.
STAGIONALITA’
Il prodotto è reperibile presso i rivenditori ortofrutticoli della Marca Trevigiana da febbraio ad aprile. Piatti tipici del periodo sono l’insalata di radicchio con soffritto di lardo e aceto, oppure quella mista con fagioli lessati freddi.
CONSERVAZIONE
Prodotto destinato al consumo fresco, si conserva qualche giorno in frigorifero grazie alla piccola riserva fornita dal fittone. Preparato in semplice insalata, si accompagna con uova sode, formaggio o polenta, fresca o abbrustolita.
Ciliegie dei Colli Asolani (pag. 32)
  • Origini o storia
Lo attesta l’ archeologia:  la ciliegia è presente nella dieta umana da tempi immemorabili, anche se la prima menzione scritta è del romano Lucullo, personaggio proverbiale  per ricchezza e varietà delle sue mense: sarebbe stato lui a importare le prime varietà coltivate dall’Asia Minore. ln Veneto il ciliegio è stato tradizionale coltura promiscua della collina. Lo si trovava isolato nei prati o associato alla vigna, come tutore, a capo del filare, o lungo i confini. In epoca medievale, nelle località più favorevoli per clima o ambiente, si sono sviluppate le prime forme di coltura specializzata.
  • Caratteristiche
AI giorno d’ oggi il Veneto è una delle prime regioni cerasicole d’Italia: la produzione riguarda gran parte della pedemontana, ma nei Colli Asolani ha una delle sue realtà più; accreditate. Centro particolarmente autorevole è Maser, che fa parte dell’Associazione Città delle Ciliegie. La specie tipica del luogo è la Mora di Maser, di forma media, con buccia rosso scuro e polpa rosa, consistente e succosa, di maturazione tardiva, nella seconda-terza decade di giugno. Altre varietà presenti, in ordine di maturazione: Sandra, Roana, Burlat, Giorgia, Adriana, Durone della Marca, Mora cli Cazzano e Ferrovia.
RICETTA
Torta allo yogurt e ciliegie
375 g di farina, 250 g di yogurt
250 g di burro, 250 g di zucchero
6 uova, 150 g di ciliegie dei Colli Asolani
Lievito in polvere, scorza di limone, 1 bustina di vanillina
burro e farina per la teglia
ln una ciotola montate Io yogurt con il burro precedentemente ammorbidito e tagliato a tocchetti; aggiungetevi quindi i tuorli, uno alla volta. Montate gli albumi con lo zucchero e incorporateli al composto; unitevi quindi la farina passata al setaccio, la vanillina, la scorza di limone grattugiata e il lievito e continuate a mescolare fino a quando avrete ottenuto un impasto denso e omogeneo. Versate il composto in una teglia da forno, imburrata e infarinata e ricoprite il tutto con le ciliegie snocciolate. Mettete in forno a 180° per 45’.
ACQUISTO
Per quanto ben presente sul mercato, è raccomandabile l’acquisto in loco. Ottime occasioni, la Festa della
Ciliegia di Asolo, che si svolge sotto la loggia della Cattedrale,  e la Festa della Ciliegia di Maser, sullo sfondo
della villa palladiana.
STAGIONALITA’
Aprile è il mese della fioritura, con le colline ammantate di bianco. Maggio e giugno sono i mesi della raccolta, delle fiere e delle manifestazioni gastronomiche con una proposta sorprendente e non solo in chiave dolce.
CONSERVAZIONE
La ciliegia è frutto piuttosto delicato, specie nella varietà more, a polpa morbida, Pratica piuttosto diffusa anche a livello domestico è la conservazione sotto spirito o sotto grappa. Da segnalare una rilevante produzione di distillati.
Kiwi di Treviso (pag. 33)
  • Origini e storia
E’ il frutto di una pianta rampicante coltivata in Cina da molti secoli; sbarcato in Europa ai primi del Novecento, si è però affermato solo a partire dagli anni Sessanta, ma come prodotto importato dalla Nuova Zelanda. Questa circostanza giustifica il nome corrente, “kiwi”, mutuato dall’uccello simbolo di
quella nazione, in alternativa al termine botanico “actinidia”. All’origine del suo successo c’è anche una motivazione salutista: l’elevato contenuto di vitamina C. II Veneto e in particolare la provincia di Treviso sono state fra le zone italiane più ricettive alla novità.
  • Caratteristiche
La produzione di kiwi riguarda diverse centinaia di aziende su tutto il territorio provinciale. I frutti sono bacche all’incirca ovali, con buccia bruna leggermente irsuta, pesanti mediamente 90-100 g.
La polpa è di colore verde e ricca di piccoli semi neri disposti al centro del frutto; il sapore è delicatamente acidulo e dolce. La produzione dalla zona Pedemontana Trevigiana è caratterizzata da una colorazione bionda, dorata, da assenza del torsolo centrale e da un rapporto zuccheri-acidi che danno al frutto sapore
particolare. Questi elementi distintivi hanno fatto la fortuna del prodotto trevigiano rispetto ad altre produzioni nazionali.
RICETTA
Bavarese ai kiwi
500 g di sciroppo (260 g di acqua e 240 g di zucchero semolato)
500 g di polpa di kiwi di Treviso passata al setaccio
il succo di un limone
17 g di colla di pesce
500 g di panna montata
Unite la polpa di kiwi allo sciroppo o al succo di limone. Scaldate leggermente la massa sul fuoco, aggiungete la colla di pesce precedentemente ammorbidita in acqua fredda e appena raggiunta la
temperatura ambiente aggiungete anche la panna montata. Versate il composto in stampini monodose. passate in frigorifero per almeno 6 ore, e velate la superficie con gelatina neutra e qualche fetta di kiwi.
ACQUISTO
La produzione, in buona parte destinata all’esportazione, è consistente e l’acquisto “a chilometro zero” è favorito dai chiari riferimenti in etichetta. Da segnalare, l’abbinamento con salumi, anche d’oca, o con la trota affumicata.
STAGIONALITA’
Il kiwi di Treviso giunge a maturazione nella tarda estate e da ottobre a gennaio è reperibile presso qualsiasi mercato al dettaglio. Nel periodo di più conveniente disponibilità, si presta alla preparazione di marmellate e gelatine.
CONSERVAZIONE
Il frutto, specialmente vicino alla fase di maturazione, è molto delicato. Raccolto acerbo, tuttavia, e disposto in appositi contenitori sagomati, può essere conservato in frigorifero per diverse settimane.
Marroni del Monfenera Igp (pag. 34)
  • Origini e storia
Originario dell’Europa sud—orientale il castagno ha conquistato gran parte del continente al seguito delle legioni romane. I botanici lo classificano con la denominazione di Castanea sativa (”coltivato”), sottolineando così il suo storico ruolo nell’alimentazione umana tanto per il frutto, fresco o secco, usato per minestre e zuppe, quanto per la farina, un tempo usala per preparare anche il pane e la polenta. Quanto ai marroni, questo termine si riferisce ai frutti della sottospecie Domestica macrocarpa  ( “a grande frutto”), di pezzatura maggiore, forma allungata e polpa di particolare dolcezza, che sì libera facilmente dalla pellicola.
  • Caratteristiche
La produzione si riferisce nominalmente al Monfenera — rilievo periferico del massiccio del Grappa ricadente nel comune di Pederobba — ma in effetti risulta estesa a 19 comuni della Pedemontana e del Montello, con 130 produttori e più di 2500 piante censite, l’80% delle quali sul Monfenera. La storicità è attestata già nel 1351 da regole di raccolta comunitarie, oltre che dal tradizionale commercio verso Treviso e Venezia. L’opera di selezione ha dato origine a una varieté locale, a frutto di grossa pezzatura (48-65 pezzi/kg) e forma ovoidale a buccia striata in chiaroscuro.
RICETTA
Bavarese dl marroni del Monfenera lgp
250 g di marroni del Monfenera
6 dl di latte, 120 g di zucchero
5 tuorli
1/2 stecca di vaniglia, 20 g di colla di pesce
3 dl di panna
Scaldate il latte con la vaniglia e montate i tuorli con Io zucchero. Quando il latte sarà molto caldo, aggiungetevi i tuorli mescolando velocemente. Cuocete fino a che il composto “velerà” il cucchiaio (83°).
Nel frattempo mettete a bagno la colla di pesce in acqua fredda per almeno 10′, quindi strizzatela e aggiungetela al latte mescolando bene. Lasciate raffreddare. Lessate l marroni, sbucciateli e passateli allo
schiacciapatate aggiungendovi un cucchiaio di zucchero e unite il tutto alla crema. Aggiungete la panna montata al composto. Ponete il tutto in uno stampo e fate rassodare in frigorifero per 4-5 ore.
ACQUISTO
Direttamente all’origine, ad esempio in occasione della Mostra Mercato dei Marroni del Monfenera che dal 1970 si tiene nel mese di ottobre a Pederobba, presso gli stand dell’Associazione dei Produttori Marroni del Monfenera . Il prodotto viene per Io più confezionato in sacchetti retinati da 5 kg con l’etichetta prevista dalla Igp.
STAGIONALITA’
Il periodo di maturazione dei marroni va da metà settembre per le specie più precoci a metà novembre per quelle più tardive, ragion per cui i mercati del Trevigiano possono considerarsi riforniti fino a dicembre  inoltrato.
CONSERVAZIONE
Secondo la più antica tradizione, alla raccolta segue un periodo di stazionamento dei ricci in mucchi (“rissare”); una ventina di giorni di fermentazione controllata, in seguito alla quale i marroni possono essere conservati senza problemi per un altro mese circa.
Marroni di Combai Igp (pag. 35)
  • Origini e storia
Già il greco Galeno, che esercita l’arte medica alla corte dell’imperatore Marco Aurelio, raccomandava la castagna per l’alto valore nutritivo (134 kcal/100 g) e per quella che oggi sappiamo essere una vera ricchezza di vitamine e minerali. La casa non era sfuggita al sentimento popolare che riconosceva nel castagno “l’albero del pane” e anche al giorno d’oggi i cuochi più attenti alle tradizioni usano la farina di castagne per preparare una pasta adatta ai ragù di cacciagione e i frutti come contorno delle carni in umido, finendo in bellezza can i dolci, prima fra tutti il castagnaccio, che s’addicono a questi rustici menu.
  • Caratteristiche
La produzione prende nome da Combai, località del comune di Miane nota già alle cronache medievali per questo merito, assurta oggi a riferimento di un distretto castanicolo esteso a 11 comuni della Comunità Montana delle Prealpi Trevigiane: Cison di Valmarino, Cordignano, Follina, Fregona, Miane, Revine Lago, Sarmede, Segusino, Tarzo, Valdobbiadene e Vittorio Veneto. La coltura riguarda una varietà di selezione locale, con frutti di pezzatura medio-grossa, generalmente in numero di due per riccio; forma quasi ellittica; buccia brillante e scura, con striature e solcature evidenti.
RICETTA
Zuppa di marroni di Combai Igp e chiodini
200g di marroni di Combai sbucciati
400g di chiodini freschi e puliti, 40g di burro, 40 g di farina
1 cucchiaio di olio extravergine d’oliva, 1 scalogno
Brodo vegetale, sale e pepe
Fate soffriggere lo scalogno tritato in un tegame con il burro e l’olio, quindi aggiungetevi i chiodini, che avrete precedentemente sbollentato per qualche istante in acqua bollente e poi scolato, quindi lasciate cuocere per 10-15’ circa. Unitevi dunque la farina, mescolando molto bene per evitare che si formino grumi, salate e pepate. Cominciate ad aggiungere il brodo caldo, un poco alla volta, infine tuffatevi i marroni. Lasciate cuocere la zuppa a fuoco dolce e rimestando di quando in quando per circa 2 ore. A cottura ultimata lasciate riposare la zuppa per 24 ore: e servitela molto calda, aggiungendo del brodo, se necessario, fino a ottenere la consistenza desiderata.
ACQUISTO
La migliore opportunità d’acquisto è la Festa del Marrone, che si tiene a Combai fin dal 1845, potendo contare sulla presenza dei migliori coltivatori. Dal 2009, anno di riconoscimento dell’Igp, le confezioni devono rispettare la normativa comunitaria.
STAGIONALITA’
La raccolta comincia solitamente a ottobre e con le odierne possibilità di conservazione consente di rifornire i mercati regionali fino a dicembre inoltrato, a beneficio di piatti di schietta tradizione contadina come i mondai (marroni in brodo).
CONSERVAZIONE
I marroni sono oggetto di trattamenti all’origine che controllano la fermentazione, dalla tradizionale “curatura” in acqua fredda alla moderna sterilizzazione in acqua calda. Cosi trattati, i frutti possono essere conservati in frigorifero circa un mese.
Mela di Monfumo (pag. 36)
  • Origini e storia
La specie coltivata, Malus domestica, è derivata, probabilmente per ibridazione spontanea, da una delle numerose specie selvatiche presenti nei territori euroasiatici e nei secoli si è diversificata nelle molteplici varietà che hanno contribuito alla sua affermazione come uno dei frutti di maggiore interesse commerciale. Tale successo dipende anche dalle sue straordinarie qualità, per le quali vale il detto che “una mela al giorno leva il medico di torno”. ln Veneto la fascia climatica della Pedemontana è particolarmente favorevole alla coltura del melo, del quale si registrano decine di cultivar locali, dalle caratteristiche più varie.
  • Caratteristiche
E’ risaputo che il clima di montagna — asciutto e ventilato, con forti escursioni termiche – giova alla frutta, che chiede ben poco per giungere a maturazione nel più salutare dei modi, e le Prealpi Trevigiane lo dimostrano con una rinomata produzione di mele in quel di Monfumo. E’ un frutto di piccole dimensioni e
forma tondeggiante, a buccia rossa, profumato e a polpa farinosa, di ridotta conservabilità, da consumarsi prima dell’inverno.
Una varieté autoctona, la cui coltivazione, trascurata negli anni Cinquanta per scarsa convenienza commerciale, è tornata oggi d’attualità in tema di tipicità.
RICETTA
Frittelle di mele
2 mele di Monfumo
1 uovo, 3 cucchiai di farina
1/2 cucchiaino di lievito, latte
1 cucchiaio di zucchero
Scorza d’arancia
Olio di semi per friggere
Sbucciate le mele, tagliatele a fette circolari di mezzo centimetro di spessore e mettetele in una terrina ricoperte di acqua fredda affinché non anneriscano.
Preparate la pastella amalgamando tutti gli ingredienti, tuffatevi le fettine di male e friggetele in abbondante olio fino a quando saranno belle dorate all’esterno e cotte all’interno.
Spolveratale con zucchero semolato e servitele con marmellata di frutti di bosco.
ACQUISTO
La reperibilità della mela di Monfumo è limitata alla zona di produzione, rivolgendosi per lo più alle aziende agricole che la producano. Negli agriturismi della zona non è raro trovarla impiegata nella preparazione di dolci.
STAGIONALITA’
Frutto di calendario limitato, tipicamente autunnale. L’appuntamento da non perdere per venire a contatto con i produttori è la Festa della Mela di Monfumo che si tiene nella piazza del paese nel mese di ottobre.
CONSERVAZIONE
Il frutto fresco può essere conservato qualche settimana. Parte della produzione viene destinata alla trasformazione in marmellata, succo di mela e nella bevanda moderatamente alcolica che va sotto il nome di sidro.
Noce di Treviso (pag. 37)
  • Origini e storia
II noce, originario dell’Asia Minore, dalla Grecia giunse a Roma per poi diffondersi in tutta la penisola. II nome scientifico juglans regia, di conio ciceroniano, deriva da Jovis glans, ghianda di Giove, e testimonia la considerazione che già gli antichi avevano del frutto di questo grande albero. Apprezzatissimo per il
legno, utilizzato per lavori di falegnameria fine, fornisce anche un prezioso raccolto di frutti, a proposito dei quali basta ricordare un proverbio “pan e nòse, magnàr de spose”, pane e noci, mangiare da spose.
  • Caratteristiche
In provincia di Treviso, per quanto riguarda la coltura del noce, si distinguono i comuni di Cessalto e Chiarano, che vantano circa 300 ettari di noceti razionali e una cooperativa all’avanguardia nella coltura e nella lavorazione. Nel frutteto prevale la moderna varietà Lara, a frutto tondeggiante e pezzatura elevata, con gheriglio particolarmente dolce, di eccellenti qualità nutrizionali. Da ricordare, dopo anni di scarsa considerazione, come le noci siano tornate di grande attualità in tema di prevenzione delle malattie cardiovascolari per il loro contenuto di grassi insaturi.
RICETTA
Pappardelle alle noci
520 g di pappardella all’uovo
100 g di gherigli di noci di Treviso
150 g di morlacco a cubetti
brodo vegetale
olio extravergine d’oIiva
burro
sale e pepe
Frullate i gherigli in un mixer con del brodo vegetale caldo e qualche cucchiaino di olio fino a ottenere una salsa fluida.
Cuocete le pappardelle in acqua bollente salata, scolatele e salatele in padella con un po’ di burro e il morlacco a cubetti; impiattatele subito, conditele con il “pesto” alle noci e guarnite con qualche gheriglio interno.
ACQUISTO
La produzione trevigiana è commercializzata per Io più sono l’etichetta di una cooperative di Chiarano, che riunisce una dozzina di produttori del Veneto Orientale.
STAGIONALITA’
La noce è frutto che in pratica non conosce vuoti di mercato. Da ricordare, il nocino, liquore ottenuto per infusione alcolica dei frutti acerbi, raccolti per antica consuetudine il 24 giugno, giorno di San Giovanni.
CONSERVAZIONE
La frutta secca, solitamente confezionata in sacchetti retinati, necessita di ambienti asciutti e ventilati. Tra i prodotti derivati, l’olio di noce, che negli ultimi anni sta vivendo un revival gastronomico come condimento.
Pesche di Povegliano e Villorba (pag.38)
  • Origini e storia

Il nome scientifico, Prunus persica, si riferisce alla provenienza dal Medio Oriente ma non esaurisce il discorso sull’origine che porta invece nella lontana Cina; segnalata in Grecia nel IV secolo a.C., venne poi diffusa in Europa dai Romani. La pesca è frutto nutriente e depurativo, con benefici effetti diuretici e lassativi. Molte le varietà, che si differenziano per la buccia, “tomentosa” nella pesca o “glabra” nella nettarina; per la polpa, bianca o gialla; per il nocciolo, “spiccagnolo” o ”aderente”. Nel Trevigiano, la coltura specializzata ha avuto sviluppo nel Novecento in zone vacate per suolo e clima.

  • Caratteristiche
La produzione più rinomata ha come riferimento i comuni di Povegliano c Villorba e in particolare la frazione di Santandrà di Povegliano. Caratteristica provinciale è l’elevata gamma varietale di pesche e nettarine, a copertura di Lutta la stagione estiva. Degno di nota, l’impegno dei produttori nella cosiddetta ”difesa integrata”, che prevede scrupolosi accorgimenti nella lotta a parassiti e avversità.
RICETTA
Crostata di pesche
4 pesche di Povegliano e Villorba
200 g di farina, 200 g di burro, 200 g di zucchero, 2 uova
1 bustina di Lievito, sale
Fate sciogliere metà burro a bagnomaria nella tortiera e non appena sarà abbastanza liquido versatevi sopra in modo uniforme metà dello zucchero; mettete poi a riposare in luogo fresco. Sbucciate le pesche, tagliatele a metà, eliminate il nocciolo e tagliate le mezze pesche a fettine che disporrete a raggiera nella tortiera. In una terrina montate con una forchetta l’altra metà del burro, aggiungete lo zucchero, fatelo incorporare bene, quindi unitevi le uova intere. Alla fine versate a pioggia la farina setacciata con il lievito e un pizzico di sale e mescolate fino a ottenere un composto ben amalgamato che verserete con delicatezza nella tortiera sopra le fettine di pesca, senza rimuoverle; infornate infine a 180° per mezz’ora.
ACQUISTO
Opportunità di acquisto a “chilometro zero” nelle aziende del territorio, che dispongono di frutteti con diverse varietà di frutto in modo da poter rifornire il mercato con continuità durante tutta l’estate.
STAGIONALITA’
Se si vuole godere appieno delle qualità organolettiche e gustative di questo frutto, è necessario tenere presente che il calendario di raccolta spazia dal 10 giugno al 30 settembre.
CONSERVAZIONE
La pesca è un frutto piuttosto deperibile, da pronto consumo, interessante, la surgelazione, dopo averla denocciolata e tagliata a spicchi, per un successivo uso come ingrediente o guarnizione di pasticceria.