Economia - pubblicata il 13 Maggio 2020
A cura del dott. Renato Chahinian
Terminato il ciclo di articoli sulle colline del Prosecco
riconosciute patrimonio UNESCO dell’umanità, è opportuno passare ad un argomento completamente diverso, ma di estrema attualità, che condiziona la vita di tutti noi.
Si tratta dell’improvvisa ed imprevista pandemia relativa al Coronavirus, che coinvolge tutto il mondo e soprattutto l’Italia, terzo Paese per numero di contagiati. Il problema più assillante è
duplice: da una parte quello sanitario relativo alla diffusione del contagio e dall’altra quello economico relativo alla riduzione della produzione (per molti settori si è trattato di un arresto
completo) per contenere la diffusione stessa del contagio. A questo proposito, per l’appunto, giova avviare qualche riflessione.
Innanzi tutto sui tempi: meglio pazientare un po’ per essere sicuri che l’epidemia non trovi la possibilità di una facile ripresa, piuttosto che ripartire prematuramente, per poi doversi arrestare
ancora più drasticamente e, nei casi più gravi, anche per sempre. Ma, parallelamente, non bisogna nemmeno eccedere in prudenza bloccando anche le attività che, con le maggiori cautele, presentano
un rischio di contagio pressochè nullo. Purtroppo non esiste un criterio di valutazione uguale per tutti e quindi le autorità, ma anche ogni azienda responsabile, devono cercare di stimare al
meglio l’intensità del rischio, che, obiettivamente, non ha precedenti (almeno nei Paesi avanzati) da più di un secolo, quando le condizioni sanitarie, di vita e di lavoro erano ben diverse.
Ma c’è una cosa che tutti avremmo potuto fare (per chi è già ripartito) e che può ancora essere fatta (da chi ripartirà fra poco): ripensare alla propria strategia.
In questo periodo di forzata inattività, l’unica azione importante è stata proprio quella di rivedere gli obiettivi e le modalità di sviluppo della propria azienda (di qualsiasi dimensione essa
sia), proprio perché,quando l’attività è a pieno regime, detto esame (pur essenziale) non si fa o si fa male, inevitabilmente pressati dalle esigenze operative. Ciò vale non solo per gli
imprenditori, manager, o dirigenti, che possono anche modificare sensibilmente le precedenti strategie aziendali, ma anche per tutte le altre posizioni lavorative (dai quadri agli impiegati ed
operai), le quali possono riflettere sulle modalità operative ed organizzative del proprio lavoro per apportarvi sostanziali miglioramenti.
E’ forse un’occasione che non si verificherà mai più e che potrà permettere di ripartire con nuove prospettive di successo, prima nemmeno immaginate.
Solo per prospettare qualche generica indicazione:
tutti i processi produttivi (dai più semplici ai più complessi) presentano aree non sufficientemente indagate e valutate (e pertanto con possibilità di nuove soluzioni);
le innovazioni di prodotto, organizzative e di mercato possono essere numerosissime, se adeguatamente approfondite;
la responsabilità sociale ed ambientale di ogni impresa (anche per quelle aziende che già la praticano) può essere sempre ulteriormente estesa, con vari ritorni di immagine e di mercato.
Ma anche per coloro che già con l’attuale blocco dell’attività si ritengono “falliti”, perché molto fragili finanziariamente ed in condizioni precarie ai margini del mercato, queste riflessioni
possono risultare provvidenziali per riconquistare nuove posizioni ed una perduta credibilità, magari approfittando delle offerte di finanziamento con garanzia statale, che in questa occasione come
non mai possono essere disponibili in quantità sufficiente.
Come sempre nei periodi di crisi la resilienza è essenziale e può trasformare situazioni irrimediabilmente compromesse in future opportunità. Come sappiamo, occorre il
cambiamento verso una strategia migliore.
Un altro aspetto importante che è il caso di richiamare riguarda la gestione pubblica di questa crisi.Se in situazioni di normalità e pure in altri stati di crisi
l’aiuto di Stato deve essere selettivo (per permettere di progredire soltanto a chi intende crescere e superare le difficoltà, senza offrire assistenzialismo a chi non vuole migliorare) e pure
limitato (per non creare posizioni di concorrenza sleale), nella realtà attuale la questione si pone in maniera diversa, in quanto la crisi non è dovuta a comportamenti scorretti, né a gestioni
imprudenti od inefficaci e nemmeno a distorsioni di mercato. In effetti, si tratta di una situazione anomala che colpisce tutti (cittadini ed imprese) e che è paragonabile ad una calamità naturale
(per di più imprevedibile), della quale tutti soffriamo le conseguenze, senza alcuna responsabilità a monte.
Pertanto occorrono metodi ed intensità maggiori di aiuto pubblico: in particolare, contributi a fondo perduto a tutti coloro che hanno dovuto sospendere l’attività, nella misura maggiore
possibile.
Soltanto così sarà possibile ridurre il più possibile i disagi di questo inaspettato blocco della produzione, il quale, proprio perché non causato da nessuno, è giusto che sia sostenuto
dall’intera collettività. Quindi, se per la ripresa possono andar bene prestiti agevolati e/o garantiti soprattutto con criteri selettivi in relazione alla validità dei nuovi investimenti
programmati, è invece indispensabile un indennizzo pubblico adeguato per ripianare almeno in parte i costi aziendali dell’inattività (mancati ricavi meno costi variabili non sostenuti).
Per ulteriormente semplificare il calcolo e la gestione della contribuzione, risulta facilmente praticabile e di immediata attuazione la recente proposta di sospensione dell’IRAP
(imposta regionale sulle attività produttive) per un anno. Tale imposta, tra l’altro irrazionale e non vigente in altri Paesi dell’Unione Europea, è stata ridotta in varie occasioni, ma ancora non
abrogata. Essa si riferisce a vari parametri, ma l’imposizione aziendale è per lo più commisurata al valore della produzione annua e il totale del gettito d’imposta si avvicina orientativamente ad
una stima di quanto il nostro sistema economico ha perduto in termini di costi fissi aziendali (esclusi gli oneri di personale) relativi al tempo di forzata inattività.
In questo modo, la sospensione del pagamento di tale imposta per un anno potrebbe costituire la forma più semplice ed automatica di concedere un contributo a fondo perduto ad ogni impresa e,
parallelamente, per tale agevolazione si potrebbe ottenere un prestito UE a condizioni vantaggiose (varie fonti sono ora in discussione).
Le manovre pubbliche italiane a sostegno economico di questa epidemia, in via di progressiva attuazione, non sembrano chiaramente
individuare le misure a indennizzo delle perdite (che servono pure per disporre della liquidità necessaria a far fronte all’inattività) e quelle a sostegno della ripresa.
Quando saremo più certi degli esiti dell’epidemia, sarà possibile valutare meglio i danni effettivi e le possibilità di un successivo recupero.