Economia - pubblicata il 08 Giugno 2018
Fonte: ufficio stampa Osservatorio Economico
In Camera di commercio di Treviso – Belluno si è parlato fuori dagli stereotipi su lavoro – scuola e tendenze di occupabilità. Si è voluto dare una risposta a quelle rinunce di un posto di
lavoro da parte dei giovani, identificando la tendenza di ricerca piuttosto di un percorso di carriera che di un lavoro senza prospettive.
I D A T I d i S I N T E S I
della relazione dell’Osservatorio Economico
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Dinamiche demografiche dei giovani a Treviso
Già da diverso tempo, sappiamo che la popolazione italiana sta invecchiando e Treviso non è escluso. Nel 2017, le nascite in Italia sono state 464 mila: “mai così pochi dal
1861 a oggi”. Il nocciolo della questione non è tanto la diminuzione complessiva della popolazione, ma gli squilibri prodotti. Nel 1982, in provincia di Treviso, i giovani tra
i 14 ed i 34 anni erano 231.699 e costituivano il 32,2% della popolazione complessiva; oggi, gli ultimi dati disponibili riferiti al 2017 parlano di 186.607 persone, scese al 21,1% della
popolazione. Una tendenza che, se non interverranno cambiamenti, si aggraverà nei prossimi anni. Su scala regionale, l’Istat calcola che questa fascia di età, oggi pari in Veneto a 56 mila
persone, si ridurrà nel 2050 a 47 mila: una contrazione ulteriore del 14%: a monte i giovanissimi di 0-13 anni scenderanno dal 13,7 al 12,4%, mentre a valle gli anziani
saliranno dal 22,3 attuale al 35% (e i grandi anziani sopra gli 85 anni, la quarta età, passeranno dal 3,4 al 7,9% nello stesso arco di tempo).
In Veneto, 74 mila giovani tra i 15 e i 24 anni sono giovani che non studiano e non lavorano (i cosiddetti “Neet“), il 16% della popolazione di riferimento: a Treviso la
percentuale è analoga. Gli expat nel 2016 sono stati quasi 12 mila persone in Veneto (il 39% tra i 18 e i 34 anni), in particolare residenti in provincia di Vicenza e Treviso
(mescolando qualifiche alte e qualifiche molto basse).
È stato efficacemente detto che si possono caratterizzare i giovani d’oggi con tre termini: pochi, lenti e tardi. Pochi perché sono nati
in una fase in cui la fecondità è scesa ai minimi storici, lenti perché la transizione alla vita adulta è meno rapida di un tempo e tardi perché approdano sempre più in ritardo a funzioni di
rilevanza sociale e politica. In altri termini i giovani oggi hanno meno prerogative e contano meno di quanto non contassero 20-30 anni fa.
La Fondazione Agnelli ha provato a stimare l’evoluzione futura della popolazione scolastica (3-18 anni) da qui al 2028: in Veneto la popolazione della scuola dell’infanzia
calerà dell’11%, quella della scuola primaria del 18, quella della secondaria di primo grado del 16 e quella della secondaria di secondo grado del 2%. Il tutto porterà ad una perdita di 3.355
classi o sezioni solo in Veneto, con evidenti riflessi sull’occupazione dei docenti.
Giovani e dinamiche del mercato del lavoro a Treviso
Negli ultimi dieci anni in provincia di Treviso mediamente le attivazioni/assunzioni di giovani tra i 15 e i 29 anni pesano poco meno del 40% sul totale di quelle
effettuate, ma sono la totalità dell’apprendistato, il 70% dei tirocini non curriculari, il 54% dell’intermittente, il 46% del lavoro somministrato. Sotto la media il parasubordinato
(esito condizionato dalle classi dei giovanissimi), il tempo determinato (entrambi al 28%) e il tempo indeterminato (25%).
I giovani esordienti sono mediamente 10mila all’anno, con una discreta varianza dettata dalle condizioni del ciclo economico, e rappresentano oltre il 60% di coloro che
esordiscono nel mercato del lavoro trevigiano (gli altri sono principalmente stranieri, donne al rientro occupazionale, lavoratori provenienti da altri territori).
I giovani trevigiani esordiscono nel mercato del lavoro con modalità diverse da quanto avviene per gli adulti. I giovanissimi hanno la massima probabilità di esordire con
un tirocinio (34%), all’opposto dei 25-29enni (13%) che invece più di tutti hanno l’opportunità di esordire con un contratto a tempo
determinato, ma che detengono anche la maggior probabilità di farlo con un tempo indeterminato (14%).
Le giovani donne si caratterizzano soprattutto per il più largo accesso tramite contratto intermittente, diffuso per tutte le classi d’età; il profilo dei
giovani stranieri è condizionato dalla quota del lavoro domestico, ma non sfugge la rilevanza del tempo indeterminato, soprattutto per le classi più giovani
(10% i 15-19enni e 13% i 20-24%)
Mediamente il 60% degli esordi avviene nei servizi, con importante prevalenza di quelli turistici (mediamente circa il 20%), commerciali (8%) e anche di quelli della
logistica (6%). Il 32% invece avviene nel settore industriale, dove vengono rispecchiate le caratteristiche del tessuto produttivo provinciale, con il made in
Italy che raccoglie il 12% dei giovani esordienti (il 5% nel legno mobilio e il 4% nell’industria alimentare) ed il meccanico (10%). Anche l’agricoltura (8%) offre possibilità
ai giovani per sperimentare prime occasioni di lavoro.
L’età conta non poco nel differenziare l’inizio dei percorsi lavorativi dei giovani. I 20-24enni, se in possesso di un titolo di laurea, nel 33% dei casi
esordiscono con un tirocinio, seguito con il 26% con un contratto a tempo determinato; da questo punto di vista meglio va a coloro che hanno titoli di studio molto bassi che
solo in numeri limitati esordiscono con tirocini avendo maggiori possibilità di essere contrattualizzati a tempo determinato o in somministrazione. Per i 25-29enni raddoppia la probabilità,
rispetto alla classe d’età precedente, di esordire con un contratto a tempo indeterminato, ma in larga misura indipendentemente dal titolo di studio posseduto. La laurea non sembra essere
garanzia di un accesso privilegiato al mercato del lavoro, anche se i giovani con questo titolo di studio sembrano meno propensi a rendersi volontariamente disponibili per il lavoro a chiamata
e per il somministrato.
Tra 2008 e 2017, circa 9mila giovani ogni anno sono approdati ad un contratto a tempo indeterminato, con due soli picchi uno rappresentato dall’ultimo anno prima della
crisi (2008) e l’altro dal 2015, l’anno della decontribuzione. Il 50% di questi giovani è giunto al tempo indeterminato a seguito di una trasformazione contrattuale, per lo più
da tempo determinato e marginalmente da apprendistato; questo dato è quello che maggiormente differenzia questa popolazione dagli adulti, per i quali solo nel 27% dei casi l’assunzione non è
direttamente a tempo indeterminato. Di fatto per i giovani la trasformazione del contratto a termine viene a configurarsi come la conclusione di un periodo (più o meno) lungo di prova.
È il settore industriale a contribuire in maniera significativa all’accesso al tempo indeterminato, garantendo il 42% delle assunzioni dirette ed il 44% delle
trasformazioni, con il settore metalmeccanico che è quello che più di ogni altro vede la stabilizzazione come un processo derivante da una trasformazione contrattuale (54%). La quota
maggioritaria di tempo indeterminato avviene comunque nel settore dei servizi (il 57% delle assunzioni dirette e il 55% delle trasformazioni) con un significativo rilievo delle
attività del commercio e tempo libero.
Con riguardo al tasso di sopravvivenza dei rapporti, la differenza tra giovani e adulti è estremamente marcata per quanto riguarda le assunzioni dirette, dove il tasso di
caduta dei giovani è molto più rilevante. Differenze che vanno però bilanciate tenendo presente che il tasso di dimissioni dei giovani rispetto al resto della popolazione è
significativamente più elevato, segno della maggiore disponibilità alla mobilità e al cambiamento in una fase di avvio della carriera lavorativa. Una storia diversa è quella che viene narrata
dalle curve dei rapporti trasformati, dove invece il vantaggio, anche se di proporzioni minori, è tutta a favore dei giovani costantemente di due punti
percentuali fino ai 36mesi, dove è pari al 67%. Per un giovane che giunge al tempo indeterminato a seguito di una trasformazione, la probabilità di risultare ancora occupato dopo 36 mesi è di
23 punti percentuali superiore a quella di uno assunto direttamente.
Rispetto ai tirocini, dei circa 5mila annui registrati tra il 2008 e il 2016, circa 1/3 dei tirocinanti ha potuto sperimentare una continuazione
del rapporto di lavoro sufficientemente strutturato nell’azienda dove ha condotto la sua esperienza.
Istruzione e formazione in provincia di Treviso
Per quanto riguarda la scuola secondaria di secondo grado:
Gli allievi che complessivamente frequentano una scuola superiore in provincia di Treviso, censiti dal sistema informativo del Miur, sono 39.540 (il 95,1% dei quali frequenta una scuola
statale).
La quota di allievi che stanno frequentando un liceo (41,6%), è sensibilmente inferiore a quella registrata a livello nazionale (48,3%)
ma in aumento rispetto all’anno scolastico 2016/17 di 0,7 punti percentuali.
Il 35% degli allievi trevigiani di scuola superiore sta affrontando un indirizzo dell’ordine tecnico (contro il 34,9% registrato lo scorso anno). Il 52,7% di loro lo sta
affrontando nel settore tecnologico; questa quota è in leggero aumento rispetto a quella registrata lo scorso anno che era del 52,5%. Confrontato con il dato
nazionale (31,5%), il dato trevigiano indica una maggiore propensione dei nostri studenti ad accedere ad un percorso tecnico.
I professionali raccolgono il 24,1% degli studenti trevigiani di scuola superiore (l’anno scolastico passato erano il 23,3%, al netto degli allievi che frequentavano un
percorso IeFP presso un IPS). L’80,6% di loro accede al settore servizi. Confrontato con il dato italiano (20,2%) dal dato trevigiano si evince una, seppur lieve,
maggiore propensione degli allievi trevigiani a seguire percorsi professionali, con una ripartizione tra settore servizi e settore industria e artigianato
ancora più marcata stante che a livello nazionale, la forbice tra la quota di allievi dei professionali che frequenta il settore servizi e quella di coloro che frequentano un indirizzo del
settore industria e artigianato è pari a 54,6 punti percentuali, mentre in provincia essa è pari a 61,3 punti percentuali.
Nella scuola superiore di II grado, i/le ragazzi/e con cittadinanza non italiana sono 3.142. Per il 28,2% scelgono di frequentare un indirizzo del settore servizi
dell’ordine professionale (su una percentuale riferita alla totalità degli allievi pari al 18,8%). Di contro, su una quota complessiva di allievi pari al 41,6% di frequentanti un indirizzo
liceale, tra gli allievi con cittadinanza non italiana questa quota scende al 21,8%.