Economia - pubblicata il 15 Ottobre 2020
Fonte: ufficio stampa A cura del dott. Renato Chahinian
La situazione della pandemia, anziché migliorare, sta peggiorando e richiede interventi sempre più vincolanti da parte delle
Autorità, per cui l’attività economica non può ripartire come dovrebbe. Ormai risulta chiaro che in queste circostanze non ci potranno essere allentamenti delle norme sanitarie fino alla
disponibilità di idonei vaccini e pertanto le attività produttive, pur continuando, saranno costrette ad operare a regime ridotto, se non a diminuire i ritmi lavorativi attuali. L’agognata
ripartenza, iniziata sensibilmente nell’estate, difficilmente potrà progredire ora e probabilmente si manifesterà nuovamente soltanto nella primavera prossima quando sarà possibile avviare le
vaccinazioni. Nel frattempo, salvo settori ed iniziative specifiche, è purtroppo prevedibile che regnerà una forte incertezza economica e finanziaria e la maggior parte degli investimenti verrà
ritardata, mentre le aziende dovranno cercare in ogni modo di reggere alla recessione ancora per qualche mese, per non scivolare verso una crisi irreparabile.
Tale situazione, comunque, peggiorerà inevitabilmente i conti delle imprese e dovrà sfociare in un ulteriore deterioramento della
situazione economica e finanziaria.
Su alcune possibilità di contenere i danni economici si è fatto cenno nei due precedenti articoli (La resilienza economica al
Coronavirus del 14 luglio e La resilienza nella produzione dei servizi del 23 luglio) e quindi ora può essere invece utile valutare la situazione finanziaria, la quale, in periodi
difficili come l’attuale, può compromettere definitivamente anche la situazione economica. Infatti, quando l’attività aziendale è ridotta, se i ricavi non coprono i relativi costi (esiste un punto
di pareggio (break even point), al di sotto del quale i ricavi non riescono a coprire tutti i costi fissi), non solo si forma una perdita, ma questa richiede maggiori finanziamenti, per proseguire
la produzione fino ad arrivare ad un livello di ricavi in grado di pareggiare nuovamente la situazione economica.
Certamente non tutte le imprese si trovano in una simile posizione, pure in caso di diminuzione delle vendite, ma certamente
quelle dei settori più colpiti e, in generale, quelle economicamente più deboli (come avviene per una consistente quota delle PMI) accusano questa nuova difficoltà e, per di più, non riescono ad
approvvigionarsi di maggiori finanziamenti, data la loro scarsa capacità di credito (rating) reale o presunta.
Invero, sia lo Stato che vari enti pubblici (tra cui le Camere di commercio, soprattutto) hanno creato consistenti fondi di
garanzia pubblica per consentire alle imprese di ottenere nuovi prestiti dal sistema bancario. Inoltre, sono state sospese le azioni moratorie nel rimborso dei prestiti in essere e nel pagamento di
alcune imposte e di alcuni versamenti dovuti, per cui il fabbisogno di capitali previsto per il periodo in corso ha potuto essere parzialmente abbassato e le imprese se ne sono avvantaggiate. Ma
ciò difficilmente sarà sufficiente, se la predetta attività ridotta dovrà mantenersi fino al prossimo anno, nel frattempo aumentando ulteriormente lo stesso fabbisogno.
D’altro canto, all’interno del sistema creditizio sta crescendo la paura per una recrudescenza dei crediti deteriorati, tanto
faticosamente ridotti negli ultimi anni, mentre a livello europeo dovrebbero entrare in vigore dal gennaio prossimo nuove norme più rigide per accertare lo stato di insolvenza del debitore, per cui
le banche medesime sono restie pure al prolungamento dei prestiti in essere.
Come sempre, il dilemma di questi periodi è quello di capire chi potrà reggere all’attuale crisi e chi, purtroppo, sarà destinato
al fallimento. Pur con tutte le incertezze del caso, la linea vincente, per accertare il meglio possibile i requisiti di resilienza delle imprese e per aiutarle a superare la crisi, non è tanto
legata alle garanzie, quanto alle strategie ed ai programmi futuri (project financing) che tante aziende hanno già in serbo per la ripartenza. Soltanto in questo modo, infatti, è possibile valutare
le prospettive dell’impresa seguenti alla pandemia e, se queste sono favorevoli, è importante finanziare gli attuali fabbisogni anche se sono in crescita. Quindi, per resistere ora e per
conseguire uno sbocco futuro, non basta riuscire a rimanere in equilibrio nel breve termine, ma bisogna avere già pronto qualche valido piano per ripartire, anche se, per le incertezze attuali, non
è possibile avviarlo immediatamente. Tale piano, se razionale e realistico, dovrebbe convincere gli istituti di credito a finanziare maggiormente anche questa situazione di crisi, nel loro stesso
interesse.
Pure il sistema camerale si sta muovendo in questa direzione cercando di proporre alle banche istruttorie semplificate di accesso
al credito, proprio per le imprese che hanno più evidenti i requisiti per ripartire. Ma non è certo che ciò possa avvenire in maniera molto diffusa, per i timori del sistema bancario ad
intraprendere strade così fortemente innovative, e pertanto almeno le PMI che possono presentare piani soddisfacenti, sorretti da business plan sufficientemente ponderati, possono sperimentare
un’ulteriore e drastica possibilità di superare le difficoltà finanziarie che si frappongono, attraverso la separazione dei patrimoni destinati ad uno specifico affare.
Si tratta di un istituto previsto dal nostro Codice civile (artt. da 2447 bis a 2447 decies), il quale consente ad una società di
capitali di separare parte del proprio patrimonio (fino ad un massimo del 10%) per dedicarlo ad uno specifico investimento, oppure di contrarre un finanziamento per uno specifico affare stabilendo
il suo rimborso (totale o parziale) attraverso i proventi derivanti (in tutto od in parte) dall’affare medesimo. Ciò significa che, per l’investimento individuato (verosimilmente conveniente e
sorretto da un convincente piano economico-finanziario), si può destinare parte del patrimonio aziendale e si possono contrarre appositi finanziamenti (anche emettendo titoli di credito e di
capitale di rischio), indipendentemente dal restante patrimonio e dal suo andamento passato e futuro.
In altri termini, le imprese, che complessivamente presentano molte difficoltà in corso e che, al contrario, stanno avviando od
hanno in progetto investimenti innovativi specifici, possono scorporare quest’ultima attività dalla totale gestione aziendale e finanziarla separatamente, offrendo così prospettive migliori di
rimborso (e di ritorni economici) ai potenziali finanziatori. Ciò costituisce sempre un’applicazione dei principi di project financing (prevista esplicitamente dall’ordinamento), secondo il quale
dovrebbe essere la valutazione del progetto a guidare la concessione del credito e quindi anche il debitore in difficoltà potrebbe ugualmente trovare nuovi finanziamenti se i suoi programmi sono
effettivamente efficienti e competitivi. Naturalmente, la separazione dei patrimoni e della gestione delle diverse attività impone vari adempimenti amministrativi ed una conduzione aziendale più
complessa, per cui è il caso di ricorrere a questa strategia soltanto se la situazione critica non permette altre alternative.