Economia - pubblicata il 27 Giugno 2023
Articolo a cura del dott. Renato Chahinian
Nel precedente articolo di questa Rubrica, “Ripresa e resilienza (ma non ancora sostenibilità)”, pubblicato il 2 maggio scorso, avevamo evidenziato l’eccezionale ripresa economica dell’Italia dopo le note avversità degli ultimi due anni ed avevamo imputato tale lusinghiero fenomeno per lo più alla inusuale resilienza del nostro sistema Paese, che, forse per la prima volta nella storia recente, aveva dimostrato una reazione-adattamento superiore al passato ed alla maggior parte degli altri Paesi europei (ma ottima pure a livello mondiale). Tale inaspettata performance, tuttavia, non ha coperto i principali obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dall’Agenda ONU e quindi avevamo affermato l’esigenza che la stessa resilienza si applicasse, ancor più efficacemente, anche in campo sociale ed ambientale ed a tale fine era stato individuato l’obiettivo 8 dell’Agenda 2030 (lavoro dignitoso e crescita economica) come il più decisivo e sfidante, allo scopo di ottenere l’agognato sviluppo socio – economico, il quale, assieme allo sviluppo ambientale, rappresenta l’elemento essenziale dello sviluppo sostenibile.
Poiché si era preso atto del complesso trade – off lavoro dignitoso – crescita economica, avevamo rinviato a questo articolo la trattazione delle possibilità di superamento di una simile contraddizione, dato che, in una qualsiasi attività, il lavoro dignitoso richiede più costi, ma la crescita economica deriva da maggiori guadagni (ovviamente da parte di tutti gli stakeholder).
I problemi da risolvere per conseguire l’obiettivo 8
Per semplificare ulteriormente il problema, limiteremo l’analisi all’usuale dualismo tra redditi di lavoro dipendente (sufficienti a remunerare un lavoro dignitoso) e redditi di capitale (sufficienti a consentire un equo profitto per chi conferisce il capitale necessario all’attività produttiva). In un’economia statica (senza cambiamenti, né innovazioni) i due fattori si scontrano irrimediabilmente (più salario è uguale a meno profitto e più profitto è uguale a meno salario). Se poi i prezzi di mercato sono abbastanza bassi per ovvi motivi concorrenziali, la posta in gioco è insoddisfacente per entrambi ed il conflitto diventa ancora più aspro. Da una parte, il lavoratore non riceve quanto gli spetta per una vita dignitosa, dall’altra può succedere che pure l’investitore non riceva un minimo compenso dal capitale investito, a meno che non abbia un rapporto di forza contrattuale rispetto alla controparte (per cui ottiene un reddito soddisfacente a danno dei redditi altrui).
A questo punto, a parte i casi di attività condotte illecitamente contravvenendo così ad espresse norme dell’ordinamento (che rappresentano quindi casi giudiziari), giova perseguire una risoluzione del problema in un’ottica positiva per entrambe le parti in causa. Da un lato, sta il lavoratore che ha diritto ad un reddito dignitoso per le sue esigenze di vita, dall’altro, l’investitore che deve pure ottenere un profitto equo (in relazione al capitale conferito ed al rischio del suo investimento nell’attività esercitata). Perché entrambi ricevano quanto loro dovuto, occorre che il valore aggiunto prodotto dall’azienda (ricavi meno costi di beni e servizi acquisiti all’esterno) sia sufficientemente capiente.
Ovviamente la maggior parte delle imprese consegue tale obiettivo per la stessa sopravvivenza dell’impresa (altrimenti, a lungo andare, si verificherebbe la cessazione dell’attività o il fallimento) ed anzi molte aziende eccellenti sono in grado di remunerare in misura più che soddisfacente sia i lavoratori che gli azionisti, ma, a volte (sempre a parte il caso limite dell’investitore che vuole tutto per sé, sottopagando gli altri stakeholder), il valore aggiunto non è sufficiente a remunerare adeguatamente entrambe le parti, oltre a creare un ulteriore margine per il reinvestimento di parte dei profitti ai fini della crescita futura. Allora, il problema del raggiungimento dell’obiettivo 8 in esame diventa quello di conseguire un valore aggiunto sufficiente ed in maniera duratura e sistematica. Purtroppo molte piccole e microimprese non riescono ad ottenere un simile risultato e devono quindi ricorrere a remunerazioni inferiori, quando non sperimentano vie illecite (lavoro nero e/o evasione fiscale e previdenziale).
La soluzione maestra al problema non consiste allora in interventi agevolativi od assistenziali (che sono quelli adottati generalmente dai governi, ma che devono essere costantemente rinnovati, perché la carenza di valore aggiunto si ripropone ogni anno a tempo indefinito, senza mai ridursi), ma nell’aiutare le imprese ad essere più produttive e competitive. La produttività del lavoro e la produttività del capitale sono gli unici due fattori in grado di accrescere il valore aggiunto aziendale fino ai livelli desiderati e soddisfare quindi le esigenze di entrambe le parti in causa. Le due produttività, poi, possono ricondursi a quella unica del lavoro, in quanto con un lavoro più efficiente ed efficace a tutti i livelli aziendali (compreso quello manageriale e dirigenziale) si individuano e si ottengono pure le innovazioni e le tecnologie necessarie alla crescita del suddetto valore aggiunto.
La risoluzione multipla di ogni problema
Pertanto, per il raggiungimento dell’obiettivo in questione è necessario e sufficiente migliorare la produttività del lavoro di tutte le componenti aziendali. Ciò può essere attuato con soli due tipi di intervento complementari:
– individuazione di un livello minimo di salario dignitoso per ogni lavoratore adibito alle mansioni più semplici, ma collegato ad un livello di prestazione minima da parte di quest’ultimo (che assicuri un sufficiente grado di produttività) ;
– promozione di un generalizzato e diffuso utilizzo della formazione a tutti i livelli, con particolare riferimento alle posizioni apicali, affinché siano in grado di migliorare la gestione aziendale in modo da rendere più produttiva tutta l’attività d’impresa, in relazione alle risorse umane e finanziarie a disposizione.
Come sappiamo, nella realtà di tutti i giorni si parla spesso di salario minimo e salario dignitoso, ma si dimenticano completamente le altre due condizioni collegate: prestazione minima del lavoratore e miglioramento della produttività aziendale complessiva, che sono i fattori decisivi per ottenere un valore aggiunto che consenta un salario dignitoso ed una crescita adeguata allo stesso tempo. Questi ultimi due fattori implicano quindi un’adesione impegnata e collaborativa del lavoratore alle sorti dell’impresa e parallelamente la predisposizione, da parte dell’imprenditore e degli organi dirigenziali, di un assetto organizzativo e gestionale tale da ottenere la massima produttività dalle attività di tutti gli addetti.
La demografia d’impresa, rilevata ed analizzata abitualmente dal sistema camerale, ha messo in evidenza da tempo la vita abbastanza breve di tante piccole e micro-imprese, che spesso non superano i 5 anni, e sappiamo poi che molte altre riescono a sopravvivere per più tempo soltanto riducendo i compensi dei lavoratori e degli imprenditori. Le stesse Camere di commercio, inoltre, organizzano da sempre corsi formativi di gestione aziendale proprio per facilitare, da parte degli organi competenti, la predisposizione di un business plan che dimostri il conseguimento di un valore aggiunto in grado di remunerare adeguatamente tutti gli stakeholder. A quest’ultimo proposito, è importante segnalare che anche le azioni per la responsabilità e la sostenibilità d’impresa possono aiutare ad ottenere un valore aggiunto maggiore con una reputazione commerciale più competitiva e con la prevenzione di molti rischi e costi futuri.
In conclusione, la manovra proposta produrrebbe soltanto impatti positivi sullo sviluppo sostenibile ed i costi necessari per supportare le imprese minori a raggiungere livelli soddisfacenti di valore aggiunto sarebbero ampiamente compensati dal risparmio su tutti i costi assistenziali alle famiglie ed alle imprese, oggi sostenuti per attenuare la carenza di un lavoro dignitoso e la precarietà dell’equilibrio economico di molte imprese.